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Cedu, Corte europea dei diritti umani
Alla fine la Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo (Cedu) ha comunicato che non darà indicazioni al Governo di adottare, allo stato, una misura domiciliare provvisoria nei confronti del detenuto B. M.. Ma, nel contempo, ha comunque richiesto alla difesa di depositare il ricorso entro il 2 giugno prossimo. Parliamo del ricorso alla Cedu presentato dagli avvocati Roberto Ghini del Foro di Modena e Pina Di Credico, referente osservatorio Europa della Camera penale di Reggio Emilia. Entrambi difensori di B. M., recluso presso la casa circondariale di Vicenza, per il quale è stata rigettata l’istanza di detenzione domiciliare da parte del magistrato di sorveglianza di Verona. Un rigetto che non ha preso in considerazione per l’emergenza coronavirus, nonostante l’istanza sia stata fatta a seguito dell’introduzione dell’istituto della detenzione domiciliare di “emergenza” ex art. 123 del Decreto Legge n. 18/ 2020 “Cura Italia”. Motivo per ilquale gli avvocati Ghini e Di Credico, lunedì 13 Aprile , hanno presentato una richiesta urgente alla Cedu. È stata una guerra all’ultimo sangue. Un botta e risposta tra gli avvocati e il Governo. La Cedu, ricordiamo, aveva posto dei quesiti importanti allo Stato Italiano, come appunto in che maniera stanno gestendo l’emergenza Covid 19 nelle carceri e quali misure hanno intrapreso per decongestionare la popolazione detenuta. Gli avvocati spiegano che il Governo ha risposto in 4 diversi momenti, affermando talvolta circostanze che ha poi dovuto correggere o modificare nella comunicazioni successive. Salta subito nell’occhio che il Governo ha testualmente riferito alla Corte di avere acquistato il giorno 15 aprile ben 6.600 braccialetti elettronici e che tali strumenti erano già nella sua piena disponibilità. Ovviamente ciò non è affatto vero. «È stato agevole replicare – raccontato gli avvocati Di Credico e Ghini - come tale circostanza fosse “non veritiera” e come, piuttosto, la notizia riferita riguardasse un impegno “futuro”». Infatti, nel successivo intervento, il Governo ha dovuto riconoscere come il termine utilizzato («ora disponibili») fosse da interpretare in maniera non letterale. «Ha probabilmente avuto peso – nella decisione della CEDU – la circostanza che proprio durante questa procedura urgente (e probabilmente grazie all’immediato intervento della CEDU stessa), con tempistiche alle quali raramente si è abituati, il Tribunale di Sorveglianza competente ha immediatamente fissato udienza nell’interesse del nostro assistito (l’udienza si terrà infatti il prossimo 28 aprile)», sottolineano gli avvocati. Infatti, curiosamente, appena la Cedu ha accolto il ricorso degli avvocati, subito dopo il Tribunale di sorveglianza ha fissato l’udienza per il ricorso all’istanza rigettata. Il Governo ha così potuto scrivere, in una delle sue risposte alla Cedu, che la magistratura interessata avrebbe assicurato che la vicenda del ricorrente sarebbe stata valutata con la «massima priorità». Resta il fatto che secondo gli avvocati il Governo ha spiegato le proprie difese in maniera caotica e, spesso, non convincente. Non solo sui braccialetti. «Nelle prime osservazioni – denunciano gli avvocati – il Governo ha addirittura sostenuto che la difesa del ricorrente non aveva presentato l’istanza al magistrato di sorveglianza di Verona con cui veniva richiesta la detenzione domiciliare a fronte dell’emergenza Covid-19». Anche questo non era vero e , dinanzi alla pronta risposta della difesa che ha immediatamente dato prova del deposito, il Governo ha riconosciuto il proprio errore, imputandolo ad un malfunzionamento dell’indirizzo mail.Gli avvocati spiegano anche che la Corte aveva chiesto al Governo Italiano informazioni in merito alle misure preventive specifiche adottate per proteggere «il richiedente e gli altri detenuti» dal pericolo di contagio. «Il Governo sul punto si è limitato a ricordare le circolari del DAP e gli ulteriori provvedimenti adottati dall’amministrazione penitenziaria senza mai tentare di spiegare come sia possibile che, nonostante tali misure adottate in ogni carcere, siano numerosi i focolai in altri istituti di pena (Torino, Verona, Tolmezzo, Bologna eccetera)», replicano gli avvocati Ghini e De Credico. Gli avvocati sono certi che la CEDU abbia soppesato da un lato il diritto alla salute del loro assistito e, dall’altro, la circostanza che i tempi della giustizia interna sono stati inaspettatamente rapidi. «La tematica merita, anche per la Corte, un celere e più approfondito vaglio ed infatti i tempi richiesti alla difesa per inoltrare il ricorso appaiono sostanzialmente immediati. Ed infatti, nonostante la sospensione delle attività della Corte (già prevista fino alla metà del mese di giugno) alla difesa è stato indicato quale termine ultimo quello del 2 giugno» concludono gli avvocati Ghini e De Credico.