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«Questa riforma del Csm non garantisce nemmeno` il minimo sindacale. E non elimina affatto il correntismo, anzi, lo rinforza. Sulla Giustizia i garantisti di governo fanno finta di non vedere che le garanzie sono state spazzate via». La sentenza dell’ex viceministro della Giustizia Enrico Costa, oggi in forza ad Azione e membro della Camera, è durissima. Al punto da non salvare nulla delle riforme del Guardasigilli Alfonso Bonafede, reo, a suo dire, di aver creato scorciatoie che non risolvono nessuno dei problemi della Giustizia.
Onorevole, come giudica il testo sulla riforma del Csm?
Pessima. Questa maggioranza ha chiaramente fatto capire di rigettare la separazione delle carriere come riforma costituzionale, cosa che invece invoco con forza. Ma finora avevamo almeno la garanzia, per ciò che riguarda il Csm, di una separazione delle elezioni: i pm votavano i pm e i giudici votavano i giudici. Con la riforma Bonafede non c’è neanche questa separazione e potremmo avere un Csm rappresentato da soli pm. Che sono i più visibili, con più appeal mediatico e quindi anche in un’elezione possono avere i riflettori dalla loro parte.
La priorità per il ministro è contrastare le degenerazioni del correntismo. Questo testo lo consente?
Bonafede era partito dal sorteggio e ora si è arrivati addirittura ad una proposta che prevede il ballottaggio. Mi sembra uguale a quelle leggi elettorali fatte apposta per il meccanismo di desistenza. Secondo la riforma, nei singoli collegi vincerà chi raggiungerà il 65%. Ma siccome nessuno lo raggiungerà, ci sarà un ballottaggio. Che non sarà a due, ma a quattro che, guarda caso, è il numero delle correnti. Così si andrà a schiacciare chiunque decidesse di candidarsi fuori da quelle logiche. Bonafede dice: si scongiura questo rischio perché il ballottaggio è fatto nelle 24 ore successive. Come se non ci fosse la possibilità di dialogare e stringere accordi in quelle 24 ore!
Il numero dei componenti del Csm aumenta. Cambierà qualcosa?
Io sarei per un cambio delle proporzioni, con un maggior numero di laici rispetto ai togati, perché ci sarebbe una visione più distaccata. Ma non vorrei che il cambio di proporzioni avvenisse a legislazione invariata, ad esempio, con un togato che va in pensione e diventa così laico, rimanendo nel Csm. Mi pare che all’ordine del giorno ci sia proprio questo, con il caso Davigo.
Ma sbilanciarsi a favore dei laici non rischia di causare l’ingerenza della politica sulla magistratura?
No, perché la mia proposta di legge prevede che i laici non vengano eletti dal Parlamento, ma dagli avvocati e dai professori universitari.
C’è anche il tabù del diritto di voto degli avvocati nei Consigli giudiziari. Cosa ne pensa?
Ho letto l’intervista di Bonafede al Dubbio ed è pilatesca: in sostanza dice che è già tanto che li facciano partecipare, gli avvocati. Io penso che il ruolo dei fori sia assolutamente importante nella valutazione di professionalità e certamente faremo emendamenti alla legge in questa direzione. Le valutazioni di professionalità sono un automatismo e questo non dovrebbe avvenire. A me piacerebbe, ad esempio, che a tal fine venissero considerate anche le persone private ingiustamente della libertà. Ci sono tanti magistrati che considerano fisiologico che mille persone l’anno vengano arrestate ingiustamente, ma non c’è nulla di fisiologico in questo. Questi errori non sono mai stati valutati. Ecco, io penso che il ruolo degli avvocati sia anche quello di segnalare questi passaggi, che ai capi degli uffici in un certo senso sfuggono, anche perché magari su quegli atti hanno dovuto metterci la firma.
Cos’altro non la convince della riforma?
Se andiamo a vedere i dati della performance della giustizia nel Paese, abbiamo tribunali e procure che funzionano benissimo e altri che faticano, perché non sono organizzati o perché chi ne è a capo non ha una formazione manageriale. Ebbene, la grande soluzione di Bonafede è un corso obbligatorio di tre settimane per acquisire tale formazione. È ridicolo.
Nella riforma vengono previsti criteri di priorità nella trattazione degli affari.
Abbiamo sempre ritenuto sbagliato che fosse il pm, nella sua discrezionalità, a decidere cosa fare andare avanti e cosa far attendere, ora questo potere viene sancito definitivamente. È chiaro che il ministro ha sempre fatto finta di non vedere che il 65% delle prescrizioni arriva durante le indagini preliminari. E infatti ha pensato bene di cancellare la prescrizione dopo il primo grado, creando dei processi che non andranno mai a sentenza. Il cosiddetto lodo Conte, che prevedeva la sospensione della prescrizione solo per i condannati, quello che aveva convinto il Pd a votare sì, è contenuto nella riforma del processo penale e non è neanche stata discussa. Hanno deciso tutti di non vedere quello che sta succedendo e chi si lamentava della morte del processo ora non dice niente.
La norma sulle intercettazioni è legge. Quali conseguenze ci sono?
Credo sia un colabrodo normativo. C’è una cosa passata sotto traccia che io trovo devastante: la possibilità di pubblicare integralmente l’ordinanza di custodia cautelare. Prima chi lo faceva commetteva un illecito, perché dentro erano trasfuse le intercettazioni nel loro tenore integrale, non ancora periziate, e che non avrebbero potuto essere pubblicate nella loro interezza. Ora, invece, i garantisti di governo hanno accettato questa anomalia. I giornali diventeranno i bollettini delle procure, in questo modo, ancor più che in passato. Senza parlare delle intercettazioni a strascico...
Qual è la sua ricetta per una giustizia giusta?
La macchina della Giustizia non funziona nella sua struttura: i dipendenti, gli amministrativi, le strutture, l’informatizzazione. Tutto ciò che precede l’inizio del processo e lo accompagna. Bonafede non mette mano a tutto questo. Il ministro pensa che il guidatore di questa macchina possa essere messo in condizione di prendere delle scorciatoie per i prati rispetto alla strada del processo. Forse, in alcuni casi fa arrivare prima, ma altre ti fa andare a sbattere. Il problema non è il rito, che può essere anche migliorato, ma capire, ad esempio, perché ci sono quasi 200 magistrati fuori ruolo, 100 dei quali assorbiti dal ministero della Giustizia, quando potrebbero stare sul campo ed evitare l’arretrato. Nei giorni scorsi ho proposto un ordine del giorno, accolto dal governo, affinché ci si impegni a diminuire il numero di magistrati fuori ruolo. Bene, sono andato a leggere i bollettini ufficiali del ministero della Giustizia: dalla data dell’ordine del giorno ad oggi sono stati più i nuovi fuori ruolo rispetto ai ritorni in ruolo. La prova di come predichino bene per poi razzolare male.