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Come iniziare in un ufficio giudiziario l’interrogatorio di un testimone? Facendolo prima avvicinare alla finestra da dove si vede la facciata del vicino carcere e domandandogli se, per caso, non abbia voglia di trascorrervi una vacanza. Oppure, altro modo, mostrare dei fili spacciandoli per delle microspie e dicendo al testimone che è stato intercettato, anche se ciò non è vero. Sarebbe questo, in sintesi, il “metodo” Woodcock di condurre alla Procura di Napoli gli interrogatori.
Tali tecniche investigative alquanto particolari, sono emerse ieri al Consiglio superiore della magistratura durante l’udienza disciplinare a carico dei pm napoletani Henry John Woodcock e Celestina Carrano, titolari di uno dei filoni dell’inchiesta ' Consip'. Ai due magistrati è stato contestato l’interrogatorio di Filippo Vannoni, il presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua, già consigliere dell’allora Premier Matteo Renzi. Indicato dall’ex ad di Consip, Luigi Marroni, come uno dei soggetti che lo informarono di una indagine in corso, Vannoni, che chiamò in causa l’allora sottosegretario Luca Lotti e i vertici dell’Arma dei carabinieri, i generali Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia, venne ascoltato dai pm napoletani come persona informata dei fatti, cioè come testimone, senza l’assistenza di un difensore. Secondo la Procura generale della Cassazione che ha esercitato l’azione disciplinare c’erano, però, già allora gli elementi per iscrivere Vannoni nel registro degli indagati, cosa che poi fecero i pm romani quando il fascicolo venne trasmesso nella Capitale per competenza territoriale. Averlo sentito come testimone senza il legale di fiducia e, soprattutto, con quelle “irrituali” modalità avrebbe leso la sua dignità.
Al termine dell’interrogatorio Vannoni, come riportato nel capo di incolpazione del Pg della Cassazione Mario Fresa che ha svolto l’istruttoria, si sarebbe sentito “sconvolto”, “frastornato” e “scioccato”.
Il metodo Woodcook prevederebbe, poi, anche carta bianca alla polizia giudiziaria, in questo caso i carabinieri del Noe comandati allora dal capitano, poi promosso maggiore, Gianpaolo Scafarto. Sempre secondo il Pg della Cassazione Vannoni doveva “confessare” con molteplici domande confuse che gli venivano rivolte dai carabinieri. Woodcock deve rispondere anche di un’altra accusa. Si riferisce ad un articolo pubblicato il 13 aprile scorso dal quotidiano La Repubblica nel quale, in un colloquio con la giornalista Liana Milella, il magistrato si sarebbe lasciato andare a giudizi di valore sui colleghi romani. In particolare, dopo la notizia che Scafarto era stato indagato per falso dai pm romani per aver attribuito ad Alfredo Romeo, l’imprenditore al centro dell’inchiesta, un’affermazione su un incontro con il padre di Matteo Renzi, Tiziano, in realtà pronunciata da Italo Bocchino, Woodcock dichiarò che quel falso doveva essere considerato come frutto di un mero errore e non come un depistaggio intenzionale. Dopo una relazione al Csm dell’allora procuratore reggente di Napoli Nunzio Fragliasso, l’allora Pg della Cassazione Pasquale Ciccolo avviò l’azione disciplinare, accusando il pm di un comportamento “gravemente scorretto”: sia nei confronti di Fragliasso per non aver rispettato il suo invito a mantenere il riserbo con gli organi di informazione, sia nei confronti dei colleghi della Procura di Roma per aver pubblicamente “contraddetto e svalutato l’impostazione dei magistrati della Capitale”.
Il prossimo 15 marzo l’udienza disciplinare entrerà nel vivo con l’audizione dei testimoni. I pm napoletani sono difesi dal’ex procuratore generale di Torino Marcello Maddalena e da Antonio Patrono, attuale procuratore di La Spezia. I due magistrati sono fra gli esponenti di punta di Autonomia& Indipendenza, la corrente fondata dall’ex Pm di Mani pulite Piercamillo Davigo.