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Misure alternative al carcere per ridurre la popolazione carceraria? Fino ieri sera sì. Era stato pubblicato addirittura in Gazzetta Ufficiale. Ma poi improvvisamente, poco prima di mezzanotte, il Governo ha deciso di modificare tutto e togliere quell’opzione. Infatti, nel nuovo DPCM firmato il 17 maggio dedicato all’avvio della cosiddetta fase due ai tempi del covid 19, c’è anche un comma dell’articolo sugli istituti penitenziari. C’era scritto nero su bianco che, tenuto conto delle indicazioni fornite dal Ministero della Salute fatte d’intesa con il coordinatore degli interventi per il superamento dell’emergenza coronavirus, il ministero della giustizia raccomanda di limitare i permessi e la semilibertà o di modificare i relativi regimi in modo da evitare l’uscita e il rientro dalle carceri, valutando «la possibilità della detenzione domiciliare». Un suggerimento che ribadisce ciò che è stato indicato – fin dall’inizio dell’emergenza – nei passati DPCM. Ciò sta a significare che per il mondo carcerario c’è una preoccupazione maggiore essendo un luogo chiuso, assembrato e dove la distanza minima è di difficile attuazione. A conferma di ciò, anche per i casi sintomatici dei nuovi ingressi, i quali devono essere posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti, il Governo raccomanda «di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare».Ma poi il colpo di scena. A tarda serata arriva la modifica al decreto del presidente del consiglio dei ministri. Una modifica che riguarda esclusivamente l’articolo 1, comma 1, lettera cc), ovvero quella relativa agli istituti penitenziari. Hanno cancellato tutto e sostituito con questo: «cc) tenuto conto delle indicazioni fornite dal Ministero della salute, d'intesa con il coordinatore degli interventi per il superamento dell'emergenza coronavirus, le articolazioni territoriali del Servizio sanitario nazionale assicurano al Ministero della giustizia idoneo supporto per il contenimento della diffusione del contagio del COVID-19, anche mediante adeguati presidi idonei a garantire, secondo i protocolli sanitari elaborati dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, i nuovi ingressi negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni. I casi sintomatici dei nuovi ingressi sono posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti». Hanno tolto tutto. Compreso il passaggio poco chiaro e che sembrava andare in senso contrario al decreto legge del 10 maggio il quale stabilisce una ripresa graduale dei colloqui visivi. Però secondo il nuovo DPCM, i colloqui - salvo rare eccezioni – sospesi sino al 14 giugno prossimo. Infatti si leggeva che «i colloqui visivi si svolgono in modalità telefonica o video, anche in deroga alla durata attualmente prevista dalle disposizioni vigenti», ma «in casi eccezionali può essere autorizzato il colloquio personale, a condizione che si garantisca in modo assoluto una distanza pari a due metri». A fare un po’ di chiarezza è stato Gennarino de Fazio, leader della UILPA Polizia Penitenziaria Nazionale: «Dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) confermano un disallineamento normativo e precisano che nella gerarchia delle fonti il decreto-legge prevale sul DPCM e che pertanto da oggi (18 maggio, ndr) riprenderanno gradualmente, per come previsto, i colloqui visivi». Il capo della UILPA però si chiede come questo possa accadere «perché è palese – incalza De Fazio – che anche dopo tutto quello che è avvenuto nei penitenziari dal mese di marzo, con 13 morti, evasioni di massa, devastazioni, etc., la disarmonia normativa così come la continua emanazione di decreti-legge rappresentano l’ennesimo sintomo dell’assenza di una visione strategica e di una sostanziale approssimazione di fondo».La UILPA non vuole entrare nel merito degli scontri politici di queste ore, ma ribadisce che, al netto dello spessore e delle capacità individuali dei nuovi vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, «è indispensabile un cambio di passo della politica e una tangibile attenzione da parte del Ministro della Giustizia, che francamente non vediamo da tempo, che mettano le carceri al centro dell’agenda del Governo». Ma ora il problema, almeno quello relativo ai colloqui, è stato risolto con un tratto di penna. Ma un tratto che ha cancellato anche il suggerimento delle misure alternative.Nel frattempo il Garante Nazionale delle persone private della libertà ha accolto con favore il decreto legge sulla ripesa graduale dei colloqui e ha spiegato che nell’audizione in Commissione giustizia del Senato, ha comunque sottolineato due aspetti. Il primo è che nel testo alcune formulazioni più sfumate circa “la possibilità di utilizzare tecnologie” vengano sostituite da affermazioni che diano certezza di tale utilizzo. Il secondo è che la progressiva riapertura dei colloqui non veda la riduzione del ricorso alle tecnologie stesse, che hanno mostrato di poter avere una ricaduta positiva sugli istituti.