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Quella che è segue è la testimonianza portata da Vincenzo Mogavero all’assemblea del Partito radicale svolta a Capo d’Orlando lo scorso 30 luglio. Mogavero è tuttora dirigente di un’azienda che negli anni scorsi era stata indebitamente posta sotto sequestro per presunti legami con la mafia del suo proprietario, legami di cui un processo penale ha poi svelato l’insussistenza.
Mi chiamo Vincenzo Mogavero e sono il responsabile del personale della “Abbazia Santa Anastasia”. L’azienda ha sede a Castelbuono, in Provincia di Palermo, e svolge due attività: quella vinicola e quella di ricezione alberghiera nel contesto di un agriturismo a cinque stelle. Dal 2001 al 2008, la cantina è stata dotata di moderne attrezzature per la produzione di vini biologici e di alta qualità, mentre l’esistente antico monastero dei benedettini, con relativa chiesa per il culto, è stato trasformato in un resort di 29 camere dotato di sala ristorazione, sala conferenza e piscina.
Nel giugno del 2010 il proprietario, il signor Francesco Lena, è stato arrestato con l’infamante accusa di mafia. Contestualmente, l’azienda è stata posta sotto sequestro preventivo penale ed è stato nominato un amministratore giudiziario che, sin da subito, ne accresciuto vertiginosamente i costi. Se prima la gestione era condotta dal proprietario, dai due figli, dagli impiegati, da un commercialista e da un consulente del lavoro, l’amministrazione giudiziaria ha costituito un Consiglio di Amministrazione formato da ben tre persone che hanno percepito un corrispettivo mensile di 9.000 euro ciascuno.
I componenti del Consiglio di Amministrazione, in mancanza di liquidità, pur di pagarsi le parcelle, hanno svenduto a un importo di 20mila euro un mezzo aziendale che aveva un valore di 90mila euro. Il figlio del signor Lena è stato allontanato dall’azienda e, al suo posto, è stato assunto il parente di uno dei membri del Consiglio di Amministrazione che ha fatto “crollare” le vendite.
Nel novembre del 2011 il signor Lena è stato assolto e il Consiglio di Amministrazione è decaduto. Tuttavia, per effetto del sequestro di prevenzione nel frattempo disposto dal Tribunale di Palermo, sezione Misure di prevenzione, allora presieduto dalla dottoressa Silvana Saguto, è stato nominato un nuovo amministratore giudiziario, il dottor Scimeca, che ha inaugurato nei confronti di tutti i dipendenti un vero e proprio regime del terrore. Scimeca ha cercato di estorcere da me dichiarazioni su inesistenti atti illeciti compiuti da Lena in seno all’azienda, finendo col notificarmi una contestazione disciplinare, all’evidente scopo di licenziarmi. “Quali intrecci devo riferire? ”, rispondevo. Replicavo che in azienda non si era mai svolto lavoro in nero; che l’azienda rispettava tutte le norme in materia di sicurezza; che possedeva tutte le autorizzazioni indispensabili per esercitare una attività avviata con risorse economiche tracciate nei conti correnti bancari.
L’amministratore giudiziario, appena insediatosi, assunse un coadiutore che, senza alcuna esperienza, organizzava e gestiva l’attività con l’autorità di un padrone. Fu assunto anche un agronomo che, a differenza del suo predecessore – il quale percepiva emolumenti non superiori 12mila euro annui, spese incluse – incassava 29mila euro all’anno, oltre al vitto ed all’uso dei mezzi aziendali. Lo stesso ha arrecato un grave danno alle colture. Non eseguendo sui vigneti le lavorazioni necessarie, ha dimezzato la produzione. Ciononostante, gli veniva corrisposto un “premio di produzione” di 12mila euro. Venne assunto anche un soggetto che avrebbe dovuto occuparsi della vendita del vino, cui fu corrisposto uno stipendio di 28mila e 800 euro. Quest’ultimo si dimostrò da subito incompetente: banchettava e ospitava i suoi amici a spese dell’azienda. Venne assunto inoltre un “esperto del turismo” con uno stipendio di 15mila e 600 euro che si recava in azienda non più di una volta a settimana portando con sé, alla stessa stregua del collega responsabile delle vendite, amici che mangiavano a spese della azienda. Oltre all’assunzione di figure professionali non adeguate, l’amministrazione giudiziaria ha messo in atto scelte gestionali antieconomiche che vanno dalla produzione di grappa ( mai finita né commercializzata) alla creazione di altre linee di vino e di spumanti, noncurante delle reali esigenze di mercato e della difficoltà di immissione dei prodotti nei vari segmenti commerciali. Il signor Lena adesso si ritrova tra le mani una serie di prodotti estranei alla linea storica aziendale.
A dicembre del 2016 il nuovo collegio della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, ha revocato l’incarico al dottor Scimeca che, come si evince da alcune intercettazioni telefoniche, aveva ordito insieme alla Saguto una “truffetta” per fare fallire le società del signor Lena. A gennaio del 2017 si è insediato un altro amministratore giudiziario con il compito di verificare l’operato del suo predecessore. A maggio del 2018, dopo otto anni di processo, ciò che rimane dell’azienda è stato riconsegnato al signor Lena, a seguito della revoca del sequestro disposta dal nuovo collegio della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.