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«L’obiettivo cruciale è stato raggiunto: salvare, nella sostanza, il dibattimento dalla deformazione informatica». Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali, è soddisfatto. Perché tutte le sue richieste, condivise con i procuratori di dieci dei più importanti uffici d’Italia - Milano, Roma, Napoli, Firenze, Catanzaro, Reggio Calabria, Palermo, Perugia, Salerno e Torino -, sono state quasi totalmente soddisfatte dal “pacchetto giustizia” approvato martedì con il decreto ristori. Soddisfazione palpabile anche dalle parti di via Arenula, dove il ministro Alfonso Bonafede si prende il merito di aver trovato una soluzione per non bloccare i processi, nonostante l’aumento dei contagi. «In questo momento difficile, è importante che la giustizia vada avanti», ha scritto ieri sul suo profilo Facebook il Guardasigilli, che vuole garantire a tutti - magistrati, avvocati, cancellieri, personale della polizia penitenziaria e operatori della giustizia - la massima sicurezza sul lavoro. Da qui la necessità di digitalizzare e remotizzare parte delle attività della Giustizia, che ora potrà usufruire di indagini preliminari da remoto. Una novità «positiva», secondo Caiazza, anche in prospettiva. «Non abbiamo mai espresso avversione nei confronti della modernizzazione del processo - spiega al Dubbio -, anzi abbiamo chiesto in tutte le forme possibili la remotizzazione del processo penale, purché non riguardasse il dibattimento nell’assunzione della prova». Ma non solo: sarà possibile svolgere udienze penali mediante videoconferenze o collegamenti (con il consenso delle parti), ad eccezione delle udienze istruttorie e di quelle per la discussione finale, udienza cartolare anche per i casi di separazione consensuale e divorzio congiunto e deposito di istanze, memorie e atti mediante il portale del processo penale telematico o tramite invio pec. «Inoltre - ha spiegato Bonafede -, al ministero stiamo lavorando per garantire che i cancellieri in smart working possano accedere (con pc dedicati) ai registri del civile e del penale in modo da potenziare l'attività lavorativa a distanza. Contestualmente, si darà agli avvocati la possibilità di accedere dai loro studi, dopo la chiusura delle indagini, agli atti del procedimento penale». Una delle novità più importanti, come confermato anche da Caiazza, è l’obbligo di depositare memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle procure della Repubblica, mediante il portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del ministero della Giustizia. Gli altri atti depositabili attraverso l'apposito portale messo a disposizione del ministero della Giustizia saranno, inoltre, individuati con un successivo decreto, mentre per i restanti atti sarà possibile comunque il deposito via pec. Insomma, si tratta di un’implementazione del fascicolo penale telematico. Una novità «importante», per Caiazza, che aveva chiesto l’accesso al Tiap, dove verranno depositati gli atti dai pm, attraverso password momentanee. Un punto «fondamentale», ha sottolineato il leader di Ucpi, perché tali atti rappresentano uno dei principali motivi di “presenza” degli avvocati in Tribunale, e per il quale si chiede una istituzionalizzazione. Così come per il deposito telematico, «passo indispensabile». Il risultato più importante è, però, un processo da remoto “soft”, che salvaguarda «la natura irrimediabilmente orale, quindi fisica, del processo penale». Rispetto alla posizione dei penalisti, «che non contempla eccezioni», il decreto prevede la possibilità di celebrare a distanza le udienze con i testimoni tecnici, ovvero consulenti e periti, da remoto, condizione temperata dall’essere subordinata al consenso del difensore. Poco soddisfatti, invece, i tributaristi: «In ordine alle misure urgenti relative allo svolgimento del processo tributario - afferma l’Unione nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi (Uncat) -, la bozza è assai deludente, non solo per le farraginose e generiche precondizioni che dovrebbero autorizzare i singoli presidenti ad adottare il “rito da remoto”, con conseguenti provvedimenti a macchia di leopardo ma, soprattutto, perché è lo stesso legislatore ad essere consapevole dell’impraticabilità, allo stato attuale, del processo da remoto per le deficienze degli strumenti di accesso da parte degli stessi uffici giudiziari. L’opzione della trattazione scritta diventa, pertanto, non più una facoltà bensì l’unico sbocco nell’attuale momento».