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«Si comunica che come da disposizioni ricevute in data odierna, sono sospesi da oggi tutti i colloqui per tutto il mese di marzo per motivi sanitari del coronavirus. Non recatevi ai colloqui in quanto sono vietai gli ingessi». È la comunicazione che è arrivata a tutti i familiari dei ristretti nei penitenziari nelle regioni Veneto e Lombardia. Questo è l’effetto del decreto legge 9 del 2020 che, però, nello stesso tempo consiglia di disporre l’aumento delle telefonate e l’utilizzo dei colloqui via Skype. L’articolo 10, comma 14, stabilisce infatti che «sino alla data del 31 marzo 2020 i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati sono svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica». Il garante dei detenuti di Milano Francesco Maisto è rimasto deluso di tale scelta, perché, finora, nelle carceri milanesi di Opera, Bollate, San Vittore e il minorile Beccaria, i colloqui si erano svolti adottando precauzioni per evitare contagi. Per i detenuti quindi era possibile ricevere la visita di una sola persona per volta. Per compensare tale chiusura, Maisto si auspica che siano ampliate le telefonate e rendere operativi i colloqui via Skype. Ma basteranno i servizi informatici messi a disposizione? Teoricamente, secondo la circolare scorsa, il Dap invierà 400 PC portatili ai Provveditorati Regionali che – a loro volta – ne cureranno la distribuzione presso gli Istituti penitenziari dell’ambito territoriale di competenza, nel numero di due pc a istituto. Resta il fatto che per ora i detenuti si trovano in difficoltà, soprattutto per la preoccupazione che hanno nei confronti dei loro familiari. Ma solo le carceri delle due regioni del nord hanno scelto questa chiusura? A quanto pare no. La moglie di un recluso al carcere di Favignana, una piccola isola della regione Sicilia, riferisce a Il Dubbio che dal 26 febbraio scorso la direzione ha vietato i colloqui con i familiari per via dell’emergenza coronavirus. In compenso hanno concesso le telefonate straordinarie e le videochiamate. Un fatto singolare visto che il decreto governativo, tra l’altro emesso pochi giorni fa, ha dato indicazioni specifiche per quanto riguarda le regioni dove si sono sviluppati i focolai. Il decreto è chiaro: il tema dei colloqui con i congiunti e le altre persone si applica esclusivamente in Lombardia e Veneto. Una misura emergenziale, ma limitata appunto solo alle regioni del Nord. Il caso si fa ancora più particolare quando, sempre secondo la testimonianza della familiare, al carcere siciliano di Favignana è stato vietato l’accesso anche al suo avvocato. Ma non solo. Il recluso, un giovane di 26 anni, è anche affetto da una particolare patologia alle mandibole e finora, sempre a causa dell’emergenza coronavirus, è stato vietato al medico odontoiatra di poter entrare in carcere per visitarlo. Nel penitenziario, d’altronde, non c’è presidio medico, l’assistenza sanitaria proviene esclusivamente dall’esterno. Come se non bastasse, sempre quanto riferito dalla moglie, durante una perquisizione ordinaria hanno sottratto al detenuto una medaglietta di Lourdes che gli era stata consegnata dai familiari nel mese di dicembre. Il motivo? Per le autorità del carcere di Favignana si tratta di un materiale che proviene dall’esterno e, quindi, potenzialmente potrebbe essere un veicolo del virus Covid-19. Non è un caso che qualche giorno fa il Garante Nazionale delle persone private della libertà ha lanciato l’allarme sulle decisioni prese da alcuni istituti penitenziari di regioni non coinvolte e che finiscono «col configurare il mondo recluso come separato dal mondo esterno e portatore di un fattore intrinseco di morbilità».