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Da più parti vengono segnalate delle restrizioni ingiustificate, mentre ancora non risultano compiute misure sanitarie specifiche come la sanificazione degli ambienti e notizie di tamponi a campione. Parliamo della recente nota trasmessa dal Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma e da Stefano Anastasìa, il portavoce della conferenza dei garanti territoriali, sui provvedimenti assunti sulla prevenzione del Coronavirus ( Covid- 19) nelle carceri per adulti e minori. Il problema c’è.
Mentre addirittura in Iran hanno stabilito il trasferimento di 54 mila detenuti agli arresti domiciliari per evitare i rischi di diffusione del contagio da Coronavirus nelle carceri, da noi il rischio che tutto ciò sia il pretesto per un’erosione sproporzionata dei diritti dei detenuti è sempre in agguato.
Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti e Presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizie, ha spiegato che in questa emergenza, i volontari sono diventati il soggetto più facilmente sacrificabile sull’altare della sicurezza sanitaria.
Ma ritorniamo alla nota del Garante nazionale e del portavoce dei garanti territoriali. Quest’ultimi sottolineano che sono «preoccupanti talune decisioni che vanno oltre le indicazioni emanate centralmente e che tendono a configurare un concetto di prevenzione assoluta che, superando i criteri di adeguatezza e proporzionalità, finisce col configurare il mondo recluso come separato dal mondo esterno e portatore di un fattore intrinseco di morbilità».
Si tratta in parte delle autonome indicazioni di un Provveditorato, in parte di disposizioni di alcuni direttori di Istituti per adulti, anche di regioni per nulla coinvolte dalle “Indicazioni” del 26 febbraio e quindi non destinatari di queste o di alcuni direttori di Istituti di regioni coinvolte che hanno assunto direttamente tali decisioni che spettavano invece ai relativi Provveditori. Ma non solo. A queste si aggiungono alcune decisioni di Tribunali sorveglianza non assunte «caso per caso ma in via generale, nonché qualche dichiarazione di consenso di taluni Garanti. Nella nota si sottolinea che la sospensione o la stretta limitazione automatica di accesso a volontari che entrano in carcere in virtù dell’articolo 17 e 78 dell’ordinamento penitenziario per progetti trattamentali possono ragionevolmente sussistere solo nei casi in cui effettivamente prevedano la presenza di pubblico con inevitabili affollamenti e non nei casi in cui l’attività coinvolga singoli o specifici limitati gruppi di lavoro.
«Il risultato – denuncia il Garante nazionale e il portavoce dei garanti territoriali - è invece che da più parti vengono segnalate restrizioni ingiustificate che incidono anche sui diritti delle persone ristrette e che sembrano essere il frutto di un irragionevole allarmismo che retroagisce determinando un allarme sempre crescente che non trova fondamento né giustificazione sul piano dell’efficacia delle misure». Non sembra, infatti, che siano stati assunti come primi urgenti provvedimenti proprio negli Istituti che maggiormente hanno rivolto l’attenzione alla mera chiusura agli esterni, misure relative alla sanificazione degli ambienti, alla diffusione di norme igieniche, all’autodichiarazione di non aver avuto contatti possibilmente a rischio da parte del personale che entra in Istituto, alla predisposizione di strumenti che possano rilevare la temperatura corporea di tutte le persone che, per qualsiasi ragione, entrano nell’Istituto stesso. «In assenza di tali misure – si legge sempre nella nota -, la fisionomia della prevenzione potrebbe essere vista come maggiormente rivolta a evitare il rischio di futura responsabilità che non effettivamente a evitare un contagio certamente molto problematico in ambienti collettivi e chiusi».
La nota conclude sottolineando che la collaborazione di tutti i Garanti con le Amministrazioni che affrontano un inedito e difficile cimento è totale così come la disponibilità ad affrontare insieme, a livello centrale e locale, ogni criticità che possa svilupparsi.