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Negli ultimi giorni c’è stato un aumento vertiginoso di covid 19 nelle carceri italiane. Dopo il focolaio di Terni, in Umbria, e quello di Larino, in provincia di Campobasso, è la volta del carcere di Livorno con 16 detenuti positivi al covid 19, per ora accertati. Al personale di polizia penitenziario ancora non sono stati effettuati i tamponi, quindi ancora non si conosce l’effettiva entità del problema. Parliamo della sezione di alta sicurezza dove, come ha riportato Il Dubbio, è morto un ergastolano di 81 anni con gravi problemi cardiopatici e gli è fermato il cuore dopo aver contratto il coronavirus. Non ci sono celle per garantire l’isolamento sanitario, lo spazio è ridotto a causa del numero della popolazione penitenziaria. Una problematica dovuta dal sovraffollamento generale che, dopo la parentesi della prima ondata, è ritornato a crescere. Non a caso, alcuni detenuti rientrati dal permesso premio li hanno messi tra detenuti comuni, onde evitare di contrarre il covid.Ricordiamo che il focolaio più importante è al carcere umbro di Terni. Da 62 detenuti positivi, che non presentano sintomi, di mercoledì si è passati in 24 ore a 68, su 514 reclusi, con tre ricoveri. Intanto all’interno del carcere, è stata già allestita una sezione Covid che potrebbe essere raddoppiata qualora i casi dovessero aumentare. Era stata ventilata l’idea di uno spostamento di detenuti risultati negativi al tampone, ma ancora non sembra esserci nulla all’orizzonte. Tra coloro che lavorano all’interno della casa circondariale e soprattutto tra il personale di polizia penitenziaria c’è preoccupazione per il focolaio che non si arresta. Fortunatamente, nella giornata dell’altro ieri, sono arrivati i risultati dei tamponi relativi ai 130 detenuti: tutti negativi, mentre si attendono quelli dei 187 agenti della polizia penitenziaria. Uno screening necessario per avere in mano il polso della situazione.C’è poi il focolaio nella sezione di alta sicurezza del carcere di Larino, in provincia di Campobasso. La sezione è composta da circa 55 detenuti e per ora, i contagi in carcere sono almeno la metà. Un focolaio che desta preoccupazione. Proprio per evitare il panico e le inevitabili preoccupazioni, la direttrice ha incrementato le videochiamate, così i detenuti possono poter parlare con i propri familiari con più frequenza. Disposizione importanti, perché la chiusura totale con l’esterno può creare disagi enormi, già nella prima ondata tante, troppe voci, si erano rincorse e ingigantite. Ma l’allarme è alto, eppure qualcosa si sarebbe dovuto fare per prevenire. Non all’ultimo come si è fatto, e forse anche con una misura insufficiente – parliamo del decreto ristori - che potrebbe riguardare, se tutto va bene, solo circa 3000 detenuti. «Il problema principale, comune alla generalità degli istituti - spiega a Il Dubbio Gennarino De Fazio, segretario generale del sindacato Uilpa - è correlato alla mancanza degli spazi. Purtroppo, anche questa volta e anche sulle carceri, il Ministro Bonafede e il Governo si sono mossi male e in ritardo; le misure adottate per deflazionare e mettere in sicurezza il sistema, sono tardive e insufficienti. A questo si aggiunga che a breve ci avvicineremo ad almeno un migliaio di assenze fra le file della Polizia penitenziaria, tra positivi al covid e isolati, motivi per cui la situazione sembra destinata a peggiorare e per fronteggiare la quale sarebbero necessari interventi di più forte impatto».