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Carcere di Parma
Incostituzionale il divieto assoluto di scambio di oggetti di modico valore, come generi alimentari o per l’igiene personale e della cella, per i detenuti sottoposti al regime del 41 bis appartenenti allo stesso “gruppo di socialità”. Il divieto legislativo, comprensibile tra detenuti assegnati a gruppi di socialità diversi, risulta invece irragionevole se esteso in modo indiscriminato anche ai componenti del medesimo gruppo. Resta fermo che l’Amministrazione penitenziaria potrà disciplinare le modalità degli scambi nonché predeterminare eventuali limitazioni in determinati e peculiari casi, che saranno eventualmente vagliate dal magistrato di sorveglianza. È quanto si legge nella sentenza numero 97 depositata oggi (relatore Nicolò Zanon) con cui la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto legislativo di scambiare oggetti tra detenuti sottoposti al regime dell’articolo 41 bis dell’Ordinamento penitenziario appartenenti al medesimo “gruppo di socialità”. Della vicenda sollevata dalla Cassazione ne aveva già data notizia Il Dubbio. Tutto ha avuto inizio grazie al reclamo proposto dall’avvocata Barbara Amicarella del foro de L’Aquila, in seguito al cui accoglimento, dinanzi al magistrato di sorveglianza di Spoleto, l’Avvocatura di Stato aveva proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Perugia. Il ricorso veniva respinto, ma l’Avvocatura di Stato proponeva ricorso per Cassazione e in quella sede la Corte ha trasmesso gli atti alla Consulta, come del resto aveva sin dall’inizio auspicato l’avvocata Barbara Amicarella. La Corte di Cassazione adotta la soluzione dell’incidente di costituzionalità, attraverso un percorso logico. l diritto allo scambio di oggetti trova fondamento nel diritto di qualsiasi detenuto, a prescindere dal regime detentivo, a fruire di momenti di socialità tra persone ristrette, che si ritiene rientri tra quelli previsti dall’articolo 1 dell’ordinamento penitenziario, tanto che esso è garantito anche ai detenuti sottoposti al regime del 41 bis sebbene nell’ambito di un determinato gruppo di socialità. Oggi la Consulta accoglie questo ragionamento. Ricorda, appunto, che gli appartenenti al medesimo gruppo di socialità trascorrono insieme alcune ore della giornata dentro il carcere e tra loro possono ovviamente comunicare, verbalmente e con gesti. Hanno così svariate occasioni di scambiare messaggi, non necessariamente ascoltati o conosciuti dalle autorità penitenziarie. Pertanto, la Corte ha rilevato che, se è ben comprensibile prevedere il divieto di comunicare e scambiare oggetti tra detenuti assegnati a gruppi di socialità diversi, risulta invece irragionevole l’estensione indiscriminata del divieto anche ai componenti del medesimo gruppo. I quali, potendo già agevolmente comunicare in varie occasioni, non hanno di regola la necessità di ricorrere a forme nascoste o criptiche di comunicazione, come lo scambio di oggetti cui sia assegnato convenzionalmente un certo significato, da trasmettere successivamente all’esterno attraverso i colloqui con i familiari.