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Che però non pensa a leggi per impedire a qualche leader di candidarsi ( voci non verificate hanno adombrato una sinergia tra lo stesso Davigo e i cinquestelle su un ddl anti– Berlusconi, e ieri il Foglio ha riportato le dichiarazioni durissime di un togato del Csm, Claudio Galoppi, che prefigura «conseguenze» nel caso le voci trovassero conferma). Prova, l’avvocatura, ad assumere piuttosto iniziative trasparenti per spingere riforme che neppure questo Parlamento ha avuto il coraggio di proporre, come la separazione delle carriere. Ed è proprio a partire dalla coraggiosa e vincente campagna per la legge popolare su giudici e pm che l’Unione Camere penali si riunisce nel congresso straordinario in programma a Roma da oggi a domenica. Il titolo richiama la raccolta firme che, conferma la vicepresidente del Comitato promotore Anna Chiusano, «ha ormai superato quota 70mila» : Un nuovo giudice per un nuovo processo, con un “segue” che però lascia aperto un ancora più ampio campo di questioni, Dalla separazione delle carriere all’affermazione dello Stato di diritto.
Stato di diritto da cui, secondo la giunta del presidente Beniamino Migliucci, il nostro sistema giudiziario rischia di allontanarsi. Ma, nota l’avvocato Chiusano, «proprio l’esperienza della raccolta firme proietta un Paese che guarda a ben altri modelli di giustizia. Certo, noi abbiamo avuto il sostegno e le sottoscrizioni di tanti nomi autorevoli, ma siamo arrivati a quel numero di firme grazie ai comuni cittadini. Il più delle volte sorpresi del fatto che le carriere di giudici e pm non fossero già separate».
L’opzione della battaglia «rigorosa, seria, non urlata, è l’unica possibile» , dice Chiusano. «Gli appelli dal tono populista non ci interessano: non portano alcun risultato, se n’è avuta chiara dimostrazione in questi anni. Ora, la nostra proposta di legge costituzionale sulle carriere dei magistrati andrà in discussione nella prossima legislatura: confidiamo in un nuovo Paramento che cambi registro rispetto all’attuale, in cui il più delle volte hanno vinto le spinte emergenziali, mentre gli appelli ragionati come il nostro non hanno trovato neppure una parvenza d’ascolto».
I penalisti contestano alcune norme specifiche, contenute per esempio nel ddl penale, ma soprattutto un più complessivo degrado della giustizia verso la deriva mediatico– populista. L’allarme è lì. Ma c’è un dato di novità: parte della magistratura condivide le preoccupazioni. E la stessa scaletta della tre giorni all’hotel Parco dei principi conferma il consolidarsi di un fronte comune tra l’avvocatura e la magistratura più avvertita. Si parte oggi pomeriggio con le relazioni di Migliucci, Chiusano e del presidente del Consiglio delle Camere penali Armando Veneto. Poi basta uno sguardo ai temi scelti per le quattro sessioni in programma per domani per cogliere il senso del congresso. Si parte con la “Crisi delle impugnazioni”, tema che ha stimolato un’inedita sinergia tra avvocati e magistrati nel seminario organizzato presso la sede del Cnf dieci giorni fa. Sempre nella mattinata di domani sarà il giornalista del Corriere della Sera Luigi Ferrarella a sollecitare un accademico, il professor Nicola Mazzacuva di Bologna, e un magistrato, il pg di Roma Giovanni Salvi, sul nodo decisivo, “La pena senza processo”, ovvero lo sbilanciarsi della giustizia penale verso la fase delle indagini e le sue proiezioni mediatiche. Non è un caso che il presidente dell’Anm Eugenio Albamonte sia arrivato ieri a denunciare, in un colloquio con La Verità, i suoi colleghi pm che riconvertono inchieste senza successo in campagne politiche grazie al circo mediatico– giudiziario. E di magistrati in politica si parlerà eccome, nella sessione successiva, come, con ogni probabilità, nel confronto pomeridiano tra Migliucci e lo stesso Albamonte. In cui l’alleanza contro il populismo tra toghe e avvocati potrebbe fare un altro passo avanti.