In attesa delle annunciate misure per ridurre il sovraffollamento nelle carceri e contrastare l’escalation drammatica dei suicidi il clima nei penitenziari italiani continua a essere molto critico e le proteste dei detenuti sono un campanello d’allarme sempre accesso. Il 143% di sovraffollamento di San Vittore, con 8.349 uomini e 464 donne detenuti, rende il carcere milanese un penitenziario ad alto rischio. Il dl “carcere sicuro” non ha dato quelle risposte che attendevano detenuti, sindacati della Polizia penitenziaria e associazioni che quotidianamente sono impegnate nelle carceri italiane.

Le condizioni igienico- sanitarie degli istituti penitenziari italiani sono davvero preoccupanti e per questo motivo l’associazione Luca Coscioni ha inviato 102 diffide alle direzioni generali delle Asl delle città dove si trovano i 189 istituti penali italiani. Si tratta di diffide ad adempiere al proprio compito stabilito dalla legge: procedere a sopralluoghi nelle strutture penitenziarie di loro competenza con il fine di apprezzare le circostanze relative all’igiene e le profilassi delle stesse, della fornitura di tutti i servizi socio-sanitari e di agire di conseguenza, qualora esse non siano a norma.

Un’iniziativa lanciata alla luce della pressoché totale mancanza nel recente decreto carceri di misure strutturali volte a garantire il diritto alla salute nei 189 istituti di pena in Italia che tiene in considerazione il fatto che ai direttori generali delle aziende sanitarie spetta il compito di riferire al ministero della Salute e quello della Giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare. Le Asl hanno l’onere di accertare, anche attraverso visite ispettive agli istituti di pena, che le condizioni di igiene siano rispettate e, in caso contrario, intervenire per interrompere eventuali gravi mancanze.

«L’Associazione Luca Coscioni ha deciso di lanciare questa iniziativa perché la totale mancanza di attenzione dedicata alla salute nell’ultimo decreto del governo in materia di carceri, oltre che quanto denunciato sistematicamente dai rapporti dei garanti cittadini e regionali, da notizie di stampa e resoconti di visite ispettive parlamentari, fanno emerge una situazione di patente violazione strutturale, tra gli altri, del diritto alla salute delle persone ristrette nel nostro Paese», dichiarano in una nota a riguardo l’avvocata Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.

«In quanto organizzazione della società civile, pur concordando con le rare proposte di depenalizzazione e decarcerizzazione e sostenendo la necessità e l’urgenza di misure deflattive come indulto o amnistia, mai evocate nel dibattito parlamentare, potevamo» solo attivare quanto previsto dal nostro ordinamento e non restare inerti di fronte all’illegalità diffusa contro cui le istituzioni continuano a non adottare misure all’altezza della gravità della situazione» prosegue la nota.

«Nella speranza che le consuete visite in carcere del mese di agosto possano aumentare la consapevolezza dei trattamenti disumani e degradanti a cui vengono sottoposte oltre 61.133 persone presenti nei 189 istituti di pena, nel caso in cui le nostre diffide dovessero cadere nel vuoto torneremo a interessare le autorità competenti regionali e cittadine nelle forme previste dalla legge nazionale e gli obblighi internazionali dell’Italia affinché la salute in carcere venga fatta godere pienamente come diritto».

Le diffide, tra le altre cose, ricordano come al 31 luglio 2024, 64 persone (67 a oggi ndr.) si siano tolte la vita negli istituti di pena con motivazioni che risultano legate alle condizioni di vita in carcere. Oltre allo stress da sovraffollamento si aggiungono condizioni igienico-sanitarie fuori norma, con presenza di pulci e cimici nelle celle, nidificazione di piccioni negli spazi aperti non puliti, pessima qualità del servizi igienici, spesso condivisi con zone cottura in celle sovraffollate, scarsa o inadeguata ventilazione dei locali, scarsità d’acqua e/ o mancanza di acqua calda, mancanza di docce nelle celle, docce in comune con muffe e locali insalubri. Sono sette i rappresentanti della polizia penitenziaria che si sono suicidati per motivi legati al loro lavoro, appesantito e reso frustrante dalla cronica mancanza di personale.