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Attimi di terrore al carcere di Cassino. Lunedì pomeriggio è ceduta una parte delle mura della vecchia ala del penitenziario. D'urgenza, di sera, sono stati quindi messi in atto gli spostamenti dopo che i Vigili del Fuoco hanno dichiarato l'inagibilità della parte più vecchia della struttura di via Sferracavalli.
Un centinaio di detenuti, quindi, con decine di bus della Polizia Penitenziaria, sono stati spostati a Rieti, Viterbo, Latina e l'Aquila. Sono subito intervenuti i sindacati, in particolar modo la Fns Cisl Lazio: «Apprendiamo che ieri il vecchio padiglione del carcere di Cassino è stato dichiarato inagibile a seguito controllo dei Vigili del Fuoco, pare per alcune crepe nei muri, con conseguente trasferimento dei rispettivi detenuti in altri carceri della Regione».
Il sindacato ha sottolineato che alcune sezioni del carcere «sono nel totale degrado, presentano ambienti malsani, insalubri con evidenti segni di muffa e umidità causate dalla vecchiaia e dalla mancanza di manutenzione». Sempre la Fns Cisl Lazio in più occasioni ha segnalato alle varie articolazioni del Dap l'inadeguatezza edilizia di alcune strutture penitenziarie e la necessità di più risorse economiche. Ancora una volta emerge il problema delle strutture vecchie e decadenti, specialmente in un Paese come il nostro che è sempre interessato agli eventi sismici.
La zona del cassinate, ad esempio, stando alle rilevazioni di Enea e Protezione Civile, risulta che ha una sismicità più alta dell’intero Lazio. Appare evidente che le azioni volte alla prevenzione, soprattutto per gli edifici pubblici, sono quelle maggiormente da auspicare.
Ma quante strutture carcerarie sono costruite con adeguati criteri antisismici? Non esiste una mappatura ufficiale delle carceri costruite in maniera antisismica e, com'è facile immaginare, le strutture carcerarie sono spesso datate, obsolete e non costruite secondo le più recenti indicazioni antisismiche. I penitenziari, in caso di terremoto, sono una trappola per i detenuti. La notte le celle sono chiuse a chiave e l'ansia di chi vive là dentro è maggiore. In Italia non esiste una normativa precisa di cosa fare nelle carceri nel caso di terremoto.
Le decisioni per cercare di portare in salvo le persone detenute sono lasciate alla discrezione della direzione del carcere. Ci possono essere circolari urgenti da parte del Dap che diano indicazioni diverse, ma si sa che le scosse di un terremoto non lasciano il tempo di espletare l’iter burocratico. Così tra la popolazione detenuta si è coniato il detto: «faremo la fine di topi in gabbia».
Quando ci fu il grande evento sismico del 2012 che colpì duramente l'Emilia Romagna, fu coinvolto anche il carcere di Ferrara dove la polizia penitenziaria si era data da fare per evacuare 500 detenuti. Si presentarono dei danni, tanto che l'allora deputata radicale Rita Bernardini presentò una interrogazione parlamentare chiedendo spiegazioni al riguardo. All'epoca c'era la ministra della giustizia Paola Severino che fece emanare una circolare che obbligava di tenere aperte le celle 24 ore su 24. Quella circolare fu applicata solo nei primi giorni. Dopodiché di nuovo tutte chiuse come sempre. Magari fino alla prossima scossa.