PHOTO
La Corte di Appello di Genova aveva negato la protezione internazionale a un cittadino nigeriano costretto a lasciare il proprio Paese dopo che fu scoperta la relazione omosessuale con il compagno dell’epoca. Il nigeriano ha fatto ricorso e la Cassazione l’ha accolto in parte, annullando la sentenza impugnata e rinviandola alla Corte d’appello al fine di «verificare – si legge nella sentenza -, anche attraverso le opportune indagini officiose proprie della materia, se il trattamento degli omossessuali in Nigeria, giustifichi il riconoscimento di una delle tutele gradatamente rivendicate dal ricorrente». I quattro motivi del ricorso in Cassazione Il nigeriano ha fatto il ricorso in Cassazione motivandolo con quattro motivi. Con il primo, il ricorrente ha denunciato l'omesso esame su di un fatto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.), sostenendo che la Corte territoriale avrebbe mal interpretato le vicende riguardanti la sua fuga dalla città di Epkonna, in Nigeria. La Corte avrebbe fatto riferimento al solo fatto che il padre dell'amico avrebbe inveito con urla contro il ricorrente, mentre era stato precisato che ciò fosse stato accompagnato da minaccia di denuncia alla polizia, aggiungendosi poi - nel medesimo motivo - ulteriori precisazioni rispetto all'episodio della seconda e definitiva fuga da Benin City e dal Paese.Con il secondo motivo ha denunciato la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 7 e 8 d. Igs. 251/2007, in combinato disposto con l'art. 8 d. Igs. 25/2008, per avere la Corte territoriale omesso di considerare le notorie persecuzioni cui sono sottoposte in Nigeria le persone omosessuali e comunque omettendo di svolgere gli opportuni approfondimenti istruttori anche officiosi sul punto. Al terzo motivo, invece, il ricorrente ha affermato la violazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell'art. 14 lettera b) e c) d. Igs. 251/2007, in combinato disposto con l'art. 8 d. Igs. 25/2008 per non avere la Corte territoriale correttamente indagato sulla sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nel Paese di origine. Con il quarto motivo ha invece affermato la violazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell'art. 32, co. 3 d. Igs. 25/2008, in combinato disposto con l'art. 5, co. 6, d. Igs. 286/1998, sostenendo che la Corte avrebbe sottovalutato la condizione di omosessuale del ricorrente anche da questo punto di vista, non considerando le difficoltà sociali e di reinserimento che essa comunque avrebbe comportato rispetto al proprio Paese natale. Per la Cassazione il ricorso è fondato in parte Per la Cassazione il ricorso è fondato in parte. E la cosa non è di poco conto. In sostanza, la Corte sottolinea che i giudici d’appello hanno omesso di accertare, come denunciato dal ricorrente, se in Nigeria sussista un regime persecutorio riguardo alla condizione di omosessualità, come anche, eventualmente, se, rispetto ad essa, «sussistano forme dannose di persecuzione privata non contrastate efficacemente dallo Stato o infine se tale condizione sia anche solo oggetto di disvalore solo sul piano sociale, ma tale da giustificare, nel dovuto giudizio comparativo rispetto alla situazione italiana, la tutela residuale umanitaria». Ed ecco perché la Cassazione ha rimesso il giudizio alla Corte territoriale, in diversa composizione, al fine di verificare, anche attraverso le opportune indagini officiose proprie della materia, se il trattamento degli omossessuali in Nigeria, giustifichi il riconoscimento di una delle tutele gradatamente rivendicate dal cittadino nigeriano. Quest’ultimo rischia di essere rispedito nel Paese dove potrebbe subire atti persecutori a causa del suo orientamento sessuale.