Caso Verbali, Amara indagato per la fuga di notizie. E Perugia smentisce la sua attendibilità
L'ex legale esterno di Eni è indagato a Milano. Secondo il pg Sottani non emerge «la volontà di collaborazione», ma al contrario si sarebbe in presenza «di una commissione sistematica di reati gravissimi, con una disinvolta spregiudicatezza volta ad inserirsi in un contesto criminale di destabilizzazione delle istituzioni e di discredito e di sfiducia nel sistema giudiziario»
Nuovo colpo di scena a Milano sulla fuga di notizie legata ai verbali di Piero Amara: la procura di Milano ha chiuso una nuova inchiesta, iscrivendo sul registro degli indagati proprio l’ex avvocato esterno dell’Eni, con l’accusa di aver fatto circolare i verbali ancora prima che il pm Paolo Storari li consegnasse all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, ora a processo a Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio. Una notizia, questa, che potrebbe dunque cambiare le sorti del processo a carico dell’ex pm di Mani Pulite, accusato di aver fatto leggere le dichiarazioni di Amara sulla presunta Loggia Ungheria per screditare il consigliere del Csm Sebastiano Ardita. A coordinare le indagini sono il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Monia Di Marco. Nel febbraio del 2020, l’ex manager di Eni Vincenzo Armanna, grande accusatore nel processo Eni-Nigeria (conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati), mostrò alcune pagine di quei verbali secretati all’aggiunto Laura Pedio e al pm Storari, circa 90 pagine che, secondo le sue dichiarazioni, gli sarebbero state consegnate proprio da Amara. L’ex avvocato ha sempre respinto le accuse e la prossima settimana verrà sentito dai magistrati milanesi in merito alle accuse. Nel frattempo, però, sono circa 20 i fascicoli aperti a suo carico con l’ipotesi di calunnia in merito alle dichiarazioni sulla presunta loggia, uno per ciascuna delle persone indicate come associate.
Il pg di Perugia mette in dubbio la credibilità di Amara
Che la credibilità di Amara, specie in relazione alle dichiarazioni sulla presunta loggia, fosse traballante era già stato evidenziato da Storari, che indagando nell'ambito del "Falso complotto Eni" - fascicolo nel quale erano maturate le dichiarazioni su Ungheria - era giunto alla conclusione di trovarsi di fronte ad un «calunniatore». Ma ora è anche la procura generale di Perugia - dove è in corso il processo a carico di Luca Palamara, nel quale l'affaire Amara gioca un ruolo determinante per la tenuta dell'accusa - a mettere in discussione la sua leale collaborazione. Secondo il pg Sergio Sottani, infatti, «non è dimostrato che l'attività collaborativa» dell'ex legale esterno di Eni «sia stata leale e piena, in quanto questi ha taciuto fatti criminosi di particolare gravità». Il parere arriva a seguito della concessione della semilibertà ad Amara per la sua «attività di collaborazione» riconosciuta dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, competente in quanto il legale è detenuto a Terni, decisione impugnata da Sottani. «Nel procedimento in esame - scrive la Procura - non sono state consultate alcune delle autorità giudiziarie ove pendono i procedimenti a carico di Amara, per cui non risulta dimostrato il presupposto della collaborazione». «In primo luogo, nel procedimento in esame - si legge nella nota di Sottani - non sono state consultate alcune delle autorità giudiziarie ove pendono i procedimenti penali a carico del Sig. Amara, per cui non risulta dimostrato il presupposto della collaborazione. Per di più, l'emissione in questi stessi procedimenti di atti contenenti l'avviso della conclusone delle indagini ipotizzano reati di particolare gravità che smentiscono la tesi del tribunale». «Inoltre - sostiene ancora -, non è dimostrato che vi sia stata una coerente dichiarazione autoaccusatoria, perché in alcuni casi il Sig. Amara è stato sottoposto ad indagini a seguito di dichiarazioni rilasciate da altri soggetti. In definitiva, questa Procura generale ritiene che dalle condotte tenute dal Sig. Amara nei procedimenti penali, nei quali è attualmente sottoposto ad indagini, non emerga la volontà di collaborazione, ma al contrario si sia in presenza di una commissione sistematica di reati gravissimi, con una disinvolta spregiudicatezza volta ad inserirsi in un contesto criminale di destabilizzazione delle istituzioni e di discredito e di sfiducia nel sistema giudiziario».
Chiesta l'archiviazione per l'aggiunta Pedio
E a Brescia si sta per chiudere il cerchio anche attorno alla posizione di Pedio, per la quale la procura ha chiesto l’archiviazione per l’accusa di omissione d’atti d’ufficio, così come fatto per l’ex procuratore Francesco Greco. La vicenda verbali, dunque, vedrà sul banco degli imputati solo Davigo, dopo l’assoluzione di Storari perché il fatto non costituisce reato. Ma la nuova inchiesta su Amara potrebbe cambiare le carte in tavola, specie in relazione alla consegna di quei verbali alla stampa. Intanto va avanti l'inchiesta nei confronti dell’aggiunto Fabio De Pasquale e del pm Sergio Spadaro, indagati per rifiuto d'atti d'ufficio in merito al mancato deposito di prove utili alla difesa nel processo Eni-Nigeria. Gli inquirenti bresciani hanno disposto accertamenti tecnici sul telefono di Armanna all'esito dei quali decideranno sulle posizioni dei due magistrati.