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L’articolo del magistrato Guido Salvini che il Corriere della Sera ha curiosamente pubblicato solo in edizione on line, e in Cronaca di Milano ( e che pubblichiamo qui sotto), ha il merito di ribadire, in polemica tanto dettagliata quanto civile con i suoi colleghi Ferdinando Pomarici e Armando Spataro, gli inconvenienti in cui purtroppo incorsero, per sottovalutazione o altro, le indagini sul mortale attentato terroristico subìto nel 1980 dal povero Walter Tobagi. Del quale non riesco mai a scrivere senza commuovermi perché, oltre che un collega, Walter era un carissimo amico. Lo ricordo ancora quando veniva a Roma a fare le sue inchieste e trovava sempre il tempo per fare due chiacchiere con me in un ristorante vicino Piazza Navona. Ah, Walter, quanto mi manchi da quasi 37 anni. Eri un giornalista serio e generoso, oltre che coraggioso.
I colleghi Renzo Magosso e Umberto Brindani, per quanto condannati pesantemente, hanno avuto la fortuna di incontrare alla fine nei loro percorsi giudiziari un magistrato come Guido Salvini. Che ha avuto la pazienza, la competenza e il coraggio di riabilitarli, almeno sul piano mediatico per ora, rispetto all’accusa di avere diffamato chi non accertò bene le responsabilità del delitto Tobagi.
Walter, già scampato a un sequestro, sarebbe sfuggito anche alla morte se inquirenti, Carabinieri e quant’altri avessero saputo utilizzare le informazioni di cui pure disponevano su ciò che si stava preparando contro di lui.
Grazie agli approfondimen-ti e alle rivelazioni del dottor Salvini, già occupatosi come magistrato del sequestro di Tobagi tentato due anni prima dell’assassinio, potranno forse ottenere giustizia con le nuove garanzie della giurisdizione internazionale. Temo che così non potranno fare per ragioni di tempo i parlamentari socialisti e i giornalisti dell’Avanti! , con l’allora direttore politico Ugo Intini in testa, che nel 1985 furono condannati per avere criticato la conduzione delle indagini sull’assassinio di Tobagi e il processo che seguì. L’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, come è stato di recente già ricordato su questo giornale, rischiò di essere “processato” dal Consiglio Superiore della Magistratura per avere osato condividere le critiche dei suoi compagni di partito. A salvarlo fu l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che minacciò l’uso dei Carabinieri per impedire al Consiglio Superiore, peraltro da lui stesso presieduto per dettato costituzionale, di sostituirsi al Parlamento nei rapporti col capo del governo in carica.
In quei tempi c’era ancora l’autorizzazione a procedere, per cui i deputati socialisti denunciati per diffamazione dall’allora pubblico ministero di Milano Giuseppe Spataro non avrebbero potuto essere processati senza il consenso della Camera. Che fu dato a scrutinio segreto, con un incrocio di sì dell’opposizione comunista e della sinistra democristiana. Alle condanne penali seguirono, con i soliti tempi della giustizia di rito italiano, quelle civili per un ammontare complessivo di circa trecento milioni di lire. Che i giornalisti dell’Avanti! pagarono di tasca loro per il sopraggiunto fallimento della storica testata del Psi.
Tanto volevo ricordare solo per rinfrescare la memoria a quanti vorrebbero rimuoverla, fra magistrati, politici e giornalisti.