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caso mario oliverio
Di Mario Oliverio, il Dubbio ne ha già parlato in altri servizi, raccontando il calvario giudiziario relativo all’inchiesta “Lande desolate”, che lo aveva costretto a stare confinato nella sua San Giovanni in Fiore per tre mesi (nel dicembre del 2018 il gip di Catanzaro ordinò l’obbligo di dimora nel comune di residenza), fino al giorno in cui la Cassazione, nel mese di marzo 2019, annullò senza rinvio l’ordinanza del tribunale del Riesame di Catanzaro. Da quel momento, infatti, l’ex governatore della Calabria, oggi candidato alla presidenza della Giunta regionale, è ritornato a essere un uomo libero, senza alcuna misura cautelare, decaduta, come detto, a seguito della sentenza firmata dagli ermellini. Quel provvedimento ha spianato la strada alla successiva assoluzione ottenuta dinanzi al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Catanzaro, Giulio Di Gregorio. All’epoca, i giudici della Suprema Corte avevano evidenziato il seguente passaggio: «La chiave di lettura delle conversazioni muove dal chiaro pregiudizio accusatorio che anche il ricorrente avesse condiviso le modalità fraudolente con cui dovevano essere finanziate le opere appaltate», relativamente alla realizzazione di piazza Bilotti a Cosenza, degli impianti sciistici di Lorica e dell’aviosuperficie di Scalea «e che il riferimento degli interlocutori allo scarso apporto del capitale privato fosse stato compreso effettivamente dal ricorrente per la valenza criminosa che aveva e non anche come una interlocuzione scherzosa intercorsa tra i predetti funzionari pubblici, a commento dell'incontro positivo avuto con il presidente della regione, per la soddisfazione di essere sostanzialmente riusciti a raggirarlo». A distanza di quasi due anni, dopo che la procura di Catanzaro aveva chiuso le indagini, chiedendo il rinvio a giudizio di tutti gli imputati, si è arrivati all’udienza preliminare, dove la difesa di Mario Oliverio - assistito dagli avvocati Enzo Belvedere e Armando Veneto - aveva comunicato l’intenzione del politico silano di scegliere il rito abbreviato, facendosi giudicare sulla base degli atti del fascicolo. Cos’è successo lo sanno tutti: il gup di Catanzaro ha assolto con formula piena Oliverio, rigettando la richiesta di condanna della Dda di Catanzaro a 4 anni e 8 mesi. Vi chiederete: “perché si parla di nuovo dell’ex governatore della Calabria?” Il motivo è molto semplice. Ieri sera su La7, durante la trasmissione “Dìmartedì”, condotta da Giovanni Floris, è andato in onda un acceso scontro verbale tra il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri e il condirettore del Corriere dello Sport, Alessandro Barbano, in passato direttore de “Il Mattino” di Napoli. Il giornalista è ritornato proprio sulla faccenda giudiziaria di Oliverio, ponendo delle domande al magistrato di Gerace. In realtà, la notizia non è venuta fuori. La Dda di Catanzaro, infatti, non ha proposto ricorso in appello contro l’assoluzione che da circa un mese, quindi, è divenuta definitiva. A tal proposito, il provvedimento di esecutività è stato notificato di recente ai due difensori dell’ex deputato che, allo stato attuale, rimane sotto processo per “Passe-partout” (procedimento nel quale sempre la procura di Catanzaro aveva chiesto il proscioglimento per quasi tutti i capi d’accusa) e per il Festival di Spoleto (dove viene contestato il reato di peculato). Per una volta, dunque, leggiamo in chiave positiva la decisione di una procura, nel caso di specie quella di Catanzaro, di fermarsi al giudizio di primo grado, ammettendo di aver commesso un errore. Perché di questo si tratta.