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La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei figli di Marianna Manduca, la donna uccisa dall'ex marito nell'ottobre 2007 a Palagonia (Catania) dopo dodici denunce rimaste inascoltate. La Corte d'appello di Messina non aveva ravvisato alcuna "negligenza" da parte della procura di Caltagirone, definendo quel delitto come «inevitabile», in quanto il marito «era comunque determinato ad ucciderla». Una tei ora respinta dalla Suprema Corte, che ha ordinato un nuovo processo, che verrà celebrato davanti alla corte d'appello di Catanzaro. Solo dopo la tragedia l’omicida era stato finalmente arrestato, per poi essere condannato a 21 anni di carcere. Ma prima, i pm di Caltagirone avevano ignorato ben 12 disperate denunce della donna. I suoi tre figli, tuttora minorenni, hanno fatto causa allo Stato per la responsabilità civile dei magistrati. In primo grado avevano ottenuto circa 300mila euro di risarcimento. La Corte d’appello ha invece dato ragione alla Procura che, secondo la sentenza, avrebbe “giustamente” sottostimato la pericolosità del marito- assassino. I figli di Marianna, Carmelo, Salvatore e Stefano, furono stati accolti da subito dal cugino Carmelo Calì, dalla moglie Paola Giulianelli e dai loro due figli che li hanno adottati e vivono dal 2007 con loro a Senigallia. Ai tre ragazzi era stato riconosciuto un risarcimento di 259mila euro, oltre gli interessi, con il quale la famiglia Calì ha aperto un bed& breakfast che garantisce un reddito. Ma la Corte d'appello di Messina a marzo dello corso anno ha annullato quel risarcimento dando ragione alla Presidenza del Consiglio, che aveva fatto ricorso sostenendo che i magistrati di Caltagirone fecero il possibile considerata l'assenza all'epoca di una legge sullo stalking. Una decisione che la difesa della famiglia di Marianna ha impugnato in Cassazione, che oggi ha dato ragione ai tre orfani.