La Casa Circondariale di Verona Montorio è stata recentemente teatro di un tragico evento che ha scosso anche i partiti di opposizione, dal Pd a Italia Viva. Un detenuto senegalese di 69 anni, prossimo al termine della sua pena nel 2030, si è tolto la vita domenica scorsa impiccandosi con un laccio rudimentale, facendo segnare il diciottesimo suicidio dall’inizio dell’anno.

Le condizioni all’interno della struttura carceraria di Verona Montorio rappresentano un microcosmo della crisi nazionale. Con 590 reclusi presenti e soltanto 318 posti disponibili, il carcere è al limite della sua capacità. La situazione è ulteriormente aggravata dalla carenza di personale: gli operatori della Polizia penitenziaria, che dovrebbero garantire sicurezza e assistenza, sono in numero insufficiente, con una presenza di 318 addetti che non raggiunge il fabbisogno minimo di 420. A livello nazionale, la realtà è ancora più preoccupante: si stima che vi siano 16.000 detenuti in eccesso rispetto alla capienza, nessuna iniziativa deflattiva e una grave carenza di operatori penitenziari.

Gennarino De Fazio, Segretario generale della UilPa Polizia penitenziaria, che ha dato notizia dell’ennesimo suicidio, non ha nascosto la propria indignazione di fronte a una realtà che trasforma il carcere da luogo di recupero e risocializzazione, come previsto dall’articolo 27 della Costituzione, in un ambiente dove morte e sofferenza sono all’ordine del giorno. «Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il governo Meloni hanno il dovere di fermare la carneficina in atto, così come l’obbligo di garantire condizioni di lavoro accettabili e dignitose a chi opera quotidianamente in queste strutture», ha dichiarato De Fazio.

Le parole del sindacalista mettono in luce una richiesta urgente di interventi strutturali: ridurre il sovraffollamento, rafforzare gli organici degli agenti, garantire adeguate condizioni di assistenza sanitaria e riformare un sistema penitenziario che, ormai, sembra destinato al collasso.

L’ennesimo suicidio in carcere rappresenta non solo una tragedia individuale, ma anche un segnale inequivocabile dell’urgenza di riforme radicali. Gli operatori della Polizia penitenziaria, chiamati quotidianamente a fronteggiare situazioni estreme in condizioni di carico di lavoro insostenibile, vedono minacciati il loro morale e la loro salute fisica e psicologica. Uno degli ultimi episodi è avvenuto qualche giorno fa nel carcere di Arghillà, a Reggio Calabria.

Nell’istituto reggino, come riferisce in una nota Domenico Mastrulli, segretario generale nazionale del Cosp-Coordinamento sindacale penitenziario, tre agenti sono rimasti contusi per sedare gli scontri tra un gruppo di detenuti e persone affette da patologie psichiatriche che non dovrebbero essere ristrette nei penitenziari, ma nelle Rems. Allo stesso tempo, i detenuti, che dovrebbero avere la possibilità di riscatto e recupero, si trovano intrappolati in un ambiente che favorisce l’isolamento e l’abbandono, condizione che troppo spesso sfocia in esiti tragici come il suicidio. Ma nessuna iniziativa si intravede all’orizzonte.

Non tutta l’opposizione è compatta. Mentre Pd, AVS, +Europa, Azione e IV ricordano l’importanza delle misure deflattive, in particolare della liberazione anticipata speciale contenuta nella proposta di legge del deputato radicale Roberto Giachetti, ferma in Commissione Giustizia dall’ottobre 2020, il Movimento 5 Stelle non concorda con le proposte di legge decarcerocentriche, ma puntano sull’ampliamento della capienza delle carceri attraverso la realizzazione di «nuove strutture» e la riqualificazione di quelle già esistenti. Praticamente la vecchia e inefficace ricetta, riproposta, tra l’altro, proprio dal ministro Nordio.

Come già ricordato su Il Dubbio da Valentina Stella, durante la conferenza stampa dell’opposizione è stata presentata una mozione delle sinistre, illustrata dal deputato Davide Faraone (IV), che al primo degli undici punti di impegno per il governo chiede di favorire il più rapido iter parlamentare della proposta di legge Giachetti. Tra le misure previste, vi è un aumento dello sconto di pena per buona condotta da 45 a 60 giorni ogni sei mesi. Inoltre, il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha avanzato l’ipotesi di introdurre il sistema delle carceri a numero chiuso, posizione condivisa anche da Rita Bernardini e Sergio D’Elia di Nessuno tocchi Caino durante la conferenza stampa.