«Spesso per il pubblico ministero è più facile e meno impegnativo chiedere il rinvio a giudizio dell'indagato, piuttosto che articolare una ben argomentata richiesta di archiviazione, e per il giudice è altrettanto meno impegnativo disporre il rinvio a giudizio, piuttosto che redigere una sentenza di non luogo a procedere». Difficile immaginare che a dire queste parole sia proprio un pubblico ministero. Specie se il magistrato in questione è uno dei più in vista, come
Henry John Woodcock, sostituto procuratore presso la Dda di Napoli e candidato da indipendente alle ultime elezioni del Csm. Un’autocritica che conferma uno dei rimproveri più volte rivolti dai “garantisti” alla magistratura, ovvero quello di “innamorarsi” delle proprie inchieste, al punto da non poter fare un passo indietro. E se non si tratta di amore, stando all’intervento di Woodcock sul Corriere del Mezzogiorno, l’alternativa è che si tratti di vera e propria pigrizia.
Leggi anche: «Ergastolo ostativo uguale tortura». Woodcock si conferma garantista vero Per il magistrato napoletano, i problemi del sistema non sono legati ai
tempi elefantiaci della giustizia - che pure ci sono -, quanto al numero di processi celebrati. Ce ne sono troppi, spesso per fatti «di modestissima rilevanza penale», e sono tanti anche «quelli che si celebrano - bisogna autocriticamente ammetterlo - anche per fatti in ordine ai quali il pubblico ministero non avrebbe dovuto a monte promuovere l’azione penale, o per i quali il Giudice dell’udienza preliminare, a valle, non avrebbe dovuto disporre il rinvio a giudizio».
Sì alla depenalizzazione
Un concetto fortissimo che rappresenta anche un’apertura nei confronti di quelle che sono le dichiarate intenzioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio, ovvero una forte depenalizzazione, nei confronti della quale ha mostrato apprezzamento anche il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia. E anche secondo il magistrato del caso Consip, «solo l’effettivo e concreto recupero del principio di residualità della sanzione penale (attraverso una drastica depenalizzazione), unito alla acquisizione da parte del giudice dell’udienza preliminare della piena consapevolezza della propria funzione di "sbarramento" rispetto a processi inutili, consentirà al nostro sistema penale di fare davvero un passo avanti». Parole che confermano un sospetto: quello di un
appiattimento del gup - e prima di lui anche del gip - sulle ragioni dell’accusa.
«Le carceri sono disumane»
Ma nel Woodcock-pensiero rientra anche un altro aspetto, molto caro al ministro Nordio: la situazione delle carceri. «Parlo delle condizioni in cui si trovano attualmente i detenuti - scrive il magistrato -, condizioni che, in molti casi, non esiterei a definire “disumane”, o comunque assai lontane da quegli obiettivi che la stessa Costituzione assegna alla sanzione penale». Il problema è sì legato all’edilizia carceraria, ma è ben più «drammatico»
il dato che riguarda il sovraffollamento, «legato ad un eccessivo tasso di carcerazione, che interessa tradizionalmente soprattutto soggetti provenienti, tanto per usare un eufemismo, dalle fasce sociali più sfavorite». Insomma, un uso eccessivo della custodia cautelare che colpisce soprattutto i più deboli. Nordio,
da promotore dei referendum sulla «giustizia giusta» si è schierato in favore di una limitazione di tale strumento. Ma sul punto la presidente del Consiglio ha già chiarito di non essere disposta a concedere deroghe. E mentre per il ministro il carcere non è l’unica pena possibile, nelle fila di FdI si lavora ad una
modifica dell’articolo 27 della Costituzione, con lo scopo di «limitare la finalità rieducativa» e «salvaguardare e garantire il concetto di “certezza della pena”». Ora a confermare che la strada da seguire è un’altra è anche Woodcock, con la speranza che Nordio «voglia inserire nella sua agenda il tema delle carceri immediatamente, conferendo a tale tema assoluta priorità, cercando a tale riguardo di resistere il più possibile alle pur prevedibili controspinte che su tale argomento verranno da quella parte dell’elettorato di centrodestra che ritiene che basti “buttar le chiavi” per risolvere qualunque problema».