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Disparità in carcere tra i malati psichici e quelli fisici. Ancora una volta la Corte costituzionale potrebbe arrivare prima della riforma dell’ordinamento penitenziario. Sì, perché se venisse approvato definitivamente il decreto della riforma dell’ordinamento penitenziario, nella parte che riguarda l’assistenza sanitaria, verrà finalmente equiparata l’infermità psichica con quella fisica. Perché è così importante? Abbiamo l’esempio concreto sottoposto dall’ordinanza del 22 marzo scorso emessa dalla Cassazione.
Il Sole 24ore ha dato notizia della richiesta che i giudici della prima sezione penale hanno fatto alla Consulta per poter decidere sull’istanza di un detenuto, con numerosi precedenti penali, con una pena residua di sei anni e 4 mesi, per rapina. L’uomo, al quale era stato diagnosticato un disturbo bordel line della personalità, si era tagliato la gola in due occasioni ed era seguito da uno psichiatra. Il tribunale di sorveglianza aveva respinto la richiesta di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena, come previsto dall’articolo 147 del codice penale, però solo per chi ha una malattia fisica. Il tribunale aveva osservato che non c’erano margini neppure per il rinvio obbligatorio dell’esecuzione pena ( articolo 146 del Codice penale) applicabile in altri casi: dalla donna incinta al malato di Aids.
La Suprema corte esclude la possibilità di applicare la norma sull’infermità psichica sopravvenuta che prevede il ricovero negli ospedali psichiatrici giudiziari ( articolo 148 del Codice penale) per la sua ' tacita' abrogazione. Sempre i giudici della Corte suprema – si apprende dall’ordinanza pubblicata dal Sole 24ore - escludono la sostituzione degli Opg con le Rems, posto che le vigenti disposizioni indicano le Residenze come luoghi di esecuzione delle sole misure di sicurezza. Non è rilevante neppure la previsione della legge 103/ 2017, in particolare il punto della delega ( lettera d) articolo 16, comma 1) che prevede l’assegnazione alle Rems anche dei soggetti portatori di una grave infermità psichica sopraggiunta nel corso del- la detenzione in caso di inadeguatezza dei trattamenti praticati all’interno del carcere. La possibilità non torna utile essendo, appunto, indicata nella legge delega della riforma dell’ordinamento penitenziario non ancora approvata definitivamente e quindi applicabile.
La Cassazione prende atto del fatto che, al momento, il nostro ordinamento non prevede una via d’uscita per chi si trova nella situazione del ricorrente - ovvero con una sopraggiunta infermità psichica -, con una pena residua superiore a 4 anni. I giudici però rilevano che questa disparità è in contrasto sia con la Costituzione che la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. I giudici della prima sezione avvertono anche del rischio di scivolare nel divieto di trattamenti inumani e degradanti, e attirano l’attenzione sul diritto fondamentale alla saluta oltre che sulla funzione rieducativa della pena. Per questo motivo, ora sarà la Corte costituzionale a riempire il vuoto lasciato dalla politica.
Ancora una volta emerge il fatto che l’attuale ordinamento penitenziario va aggiornato. Siamo entrati nella nuova legislatura e la riforma deve avere ancora un via libera definitivo da parte del governo. A spiegare bene il passaggio finale è Rita Bernardini del Partito Radicale, colei che con lunghi scioperi della fame ha esercitato pressioni per portare a termine il tortuoso iter della riforma. «A chi mi chiede insistentemente quando finirà ( premesso che occorre vigilare che il tutto si concluda nel migliore dei modi) – spiega l’esponente radicale -, non posso che rispondere ' dipende': dipende dal giorno in cui verrà istituita la Commissione speciale; dipende da momento in cui il governo trasmetterà il testo alla Commissione; passati 10 giorni, dipende da quando si riunirà il Consiglio dei ministri per licenziare il testo definitivo; dopodiché il presidente della Repubblica entro un mese dovrà promulgarlo e, infine, entro 15 gg dalla promulgazione dovrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale».