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«Non si strumentalizzi il carcere e gli endemici problemi penitenziari per l'ennesimo terreno di scontro politico-ideologico». Lo ha detto Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria riferendosi allo scontro tra maggioranza e minoranza in Parlamento per il caso di Alfredo Cospito, l'anarchico di origine pescarese in sciopero della fame da 107 giorni contro il 41 bis, il cosiddetto carcere duro.
«Chi è oggi all'opposizione è stato 10 anni al Governo perché non ha fatto allora quel che chiede oggi? - ha aggiunto il leader del sindacato più rappresentativo della polizia penitenziaria - Il 41 bis è un presidio di legalità necessario, gestito con grande professionalità dal Corpo di Polizia Penitenziaria composto da veri professionisti della sicurezza e non può essere strumentalizzato per ipocrite prese di coscienza che ignorano i problemi della stragrande maggioranza dei detenuti - ha continuato il sindacalista - La verità è che servono interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. Per eliminare tutti questi disagi è necessario un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere: non indulti o amnistie».
«Espellere gli stranieri detenuti in Italia per fare scontare la pena nelle carceri dei Paesi di origine potrebbe già essere una soluzione come anche prevedere la riapertura degli ospedali psichiatrici giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario. La polizia penitenziaria è stanca di subire quotidianamente gratuite violenze - ha concluso Capece - Sarebbero serviti gli interventi politici suggeriti, negli anni, dal Sappe e invece oggi chi grida allo scandalo abbiamo visto cosa ha fatto per le carceri: 25enni nelle carceri minorili, introduzione della vigilanza dinamica e regime aperto con escalation di eventi critici, chiusura decine di provveditorati ed istituti penitenziari, di centrali operative e organico polizia penitenziaria falciato dalla scellerata riforma Madia».