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«Forti iniziative di protesta». La frase è breve, ma racchiude la rabbia accumulata da giorni. Una rabbia che l’Unione delle Camere penali non vuole più tenere per sé, scendendo in campo per pretendere dal ministero della Giustizia un servizio efficiente. Al centro della polemica c’è il portale telematico, sempre più spesso in down. Il problema più grosso è legato all’esclusività del mezzo, «sancita con decreto ministeriale in spregio alla gerarchia delle fonti», contestano da giorni i penalisti. E se, da un lato, alcune Procure hanno autorizzato metodi alternativi attraverso apposite circolari, dall’altro sono nati protocolli locali per gestire i casi di malfunzionamento. E ciò, secondo l’Ucpi, non fa altro che alimentare il fenomeno del “federalismo giudiziario”, che tanto aveva fatto discutere nel periodo più buio della pandemia. Le disfunzioni, ha evidenziato l’Ucpi, «sono a volte di natura tecnica, molto spesso di natura umana poiché necessariamente il portale si misura con il personale amministrativo, non sempre formato ed indirizzato a correttamente operare - si legge in una nota -. Non è accettabile che la salvezza di atti (alcuni con un portato assai alto in tema di conseguenze possibili) sia rimessa ad un sistema senza rete».Un tema che oggi la Giunta dell’Ucpi porterà a conclave, per decidere come muoversi di fronte alle centinaia di segnalazioni arrivate da tutta Italia, segnalazioni tutte identiche, che certificano «l'insostenibile disfunzione» del portale, il tutto a danno dell’esercizio del diritto di difesa. «Disfunzioni - afferma l’Unione delle Camere penali - aggravate dalla ingiustificabile disposizione che ne rende obbligatorio l’uso, precludendo la possibilità di depositare gli atti anche con le modalità e nelle forme tradizionali». La babele regolamentare che si sta determinando in tutti i fori d’Italia, continuano i penalisti, «esige risposte chiare e non più rinviabili. La Giunta valuterà l'adozione di forme di protesta adeguate alla gravità della situazione determinatasi in tutti gli uffici giudiziari italiani, e rileva come sia tuttora rimasta senza riscontro la ragionevole richiesta di ripristinare, in via transitoria, le modalità tradizionali di deposito degli atti difensivi e di accesso ai fascicoli processuali». Nei giorni scorsi, l’Unione aveva fatto appello al ministro Cartabia, chiedendo l’introduzione di un regime transitorio, richiesta ribadita ieri dalle colonne del Dubbio anche dalla Camera penale di Roma. Il deposito telematico è, di base, una conquista dei penalisti, che per fronteggiare l’emergenza pandemia e il conseguente rallentamento della macchina della Giustizia avevano chiesto al ministero di autorizzare il deposito degli atti via pec. Ma «fuori da ogni interlocuzione, la burocrazia ministeriale ha predisposto regole per il funzionamento di tale nuova modalità di deposito, alcune delle quali si sono poi rivelate fonti di inutili complicazioni», si legge in una nota di qualche giorno fa. Ed ecco fatto il danno: il portale, nato per consentire l’accesso “da remoto” al fascicolo del pubblico ministero ed il deposito degli atti difensivi relativi alla fase delle indagini preliminari - e che prevede una illogica inammissibilità per il deposito delle impugnazioni - ha finito per complicare la vita agli avvocati. E in sede di conversione, anziché prevedere un periodo transitorio, è stato ampliato il novero degli atti soggetti ad esclusivo deposito telematico. L’ultima novità è quella del 12 febbraio scorso, quando è stato introdotto il cosiddetto “atto abilitante” con il quale accompagnare il deposito dell’atto di nomina nella fase delle indagini preliminari, sulla cui natura, contesta l’Ucpi, non si sa ancora molto. Elementi che, raggruppati, per i penalisti rappresentano l’ennesimo ostacolo al diritto di difesa. «La situazione attuale genera una crescente incertezza ed una progressiva e sempre maggiore disomogeneità degli strumenti a disposizione nei diversi territori e, come segnalato dalle Camere penali territoriali, mette concretamente a repentaglio l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di garantire agli assistiti il corretto rispetto dei termini e delle scadenze processuali», protestano. I problemi sono tanti: dai limiti ai files che è possibile caricare a difficoltà ad accedere al sistema, nonché intoppi in fase di caricamento. E così, spesso, l’unica alternativa è depositare a mano, opzione sulla cui legittimità le cancellerie sollevano più di un dubbio. Per tale motivo l’Ucpi aveva già chiesto a Cartabia «un intervento diretto per definire quanto prima, in via transitoria, il ripristino anche delle modalità tradizionali di deposito degli atti difensivi e di accesso ai fascicoli processuali». Ma ora si passa alla protesta.