“Mafia Capitale” non finisce mai. O almeno non finiscono gli strascichi processuali nei confronti dei due principali imputati: Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Quando tutto sembrava ormai chiuso, con la Cassazione che da tempo aveva messo la parola fine sull’inchiesta della Procura di Roma escludendo l’aggravante dell’associazione mafiosa, il tribunale di sorveglianza della Capitale ha invece riacceso questa settimana nuovamente i riflettori sui due protagonisti di quella stagione criminale.

Come era successo infatti nelle scorse settimane a Carminati, il tribunale di sorveglianza di Roma ha negato a Buzzi la misura alternativa nell’ambito delle accuse di corruzione per le quali era stato condannato nel processo “Mondo di Mezzo”.

Buzzi, che si è costituito martedì scorso nel carcere di Orvieto, dovrà scontare adesso quattro anni e sei mesi di pena residua dei dodici iniziali.

Il tribunale di sorveglianza di Roma, da quanto si è appreso, ha respinto la domanda di affidamento terapeutico che era stata presentata dal fondatore della cooperativa “29 Giugno” per mancanza dei presupposti. Buzzi stava seguendo da circa due anni un programma di cura dalla dipendenza alcolica presso Villa Maraini a Roma, un percorso di recupero che ha quindi interrotto per fare rientro in carcere. A Buzzi i magistrati di Roma hanno contestato la “pericolosità sociale” e, soprattutto, una asserita “strumentalità” e “preordinazione” della alcol dipendenza, mettendo così in dubbio i certificati rilasciati dal SerD di Roma e dal personale sanitario di Villa Maraini.

«Mi dispiace, ma non posso più legittimamente ritenere che il tribunale di Sorveglianza di Roma, così come la Procura generale di Roma e tutti i tribunali e le Corti romane che mi hanno giudicato in precedenza, possa addivenire a decisioni imparziali riferite alla mia persona», ha scritto Buzzi in un post su Facebook prima di entrare in carcere. «Non intendo in alcun modo sottrarmi all’esecuzione della pena né agli obblighi imposti dalla misura di prevenzione. Voglio solamente essere giudicato sulla base delle norme di diritto e non sulla base del mio cognome», ha aggiunto Buzzi.

«La mia paura principale adesso è per la salute del mio assistito, il quale mi ha riferito di voler intraprendere lo sciopero della fame e della sete come segno di protesta contro quella che lui ritiene una vera e propria persecuzione giudiziaria», ha dichiarato invece l’avvocato Edoardo Albertario, difensore di Buzzi.

La difesa ha poi sottolineato come non sia stato considerato il percorso di risocializzazione intrapreso dall’uomo. «Buzzi aveva seguito corsi di recupero nella comunità terapeutica e stava pagando le spese processuali del procedimento che lo ha coinvolto. Tutte queste attività sono documentate a testimonianza del suo ravvedimento», ha spiegato Albertario.

Anche l’ex terrorista dei Nar Massimo Carminati, come detto, era tornato in carcere per scontare i tre anni e quattro mesi per il reato di corruzione, per il quale era stato condannato alla pena definitiva di dieci anni nell’ambito del processo “Mondo di Mezzo”. Carminati era stato affidato ai servizi sociali, misura poi sospesa per il ricorso in Cassazione avanzato dalla Procura generale della Capitale per la revoca dell’affidamento in prova.