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braccialetti elettronici
Questa dei braccialetti potrebbe essere, di fatto, la prima riforma importante del nuovo governo. Anche se le leggi e gli accordi che la permetteranno, in realtà, sono stati ratificanti dai governi di centrosinistra. Non cambia molto, quel che conta è il risultato. E se le cose andranno come devono andare, e se la magistratura collaborerà, da ottobre sarà possibile iniziare il rilascio di circa 20 mila detenuti, senza che questa operazione, in nessun modo, metta in crisi la sicurezza. Capite bene che è un’opera quasi rivoluzionaria, che potrà alleviare molto, o risolvere, tra gli altri, i problemi del sovraffollamento.
Soprattutto potrà mettere all’ordine del giorno una questione più grande, che non c’entra con il sovraffollamento.
Quella delle pene alternative. Recentemente questo tema, che in genere è riservato solo ai garantisti a 24 carati, è stato sollevato anche da parti politiche insospettabili. Per esempio dallo stesso Beppe Grillo e dal Presidente della Camera Roberto Fico. Che sono in contrasto, evidentemente, con la parte prevalente del loro movimento, ma che comunque ne rappresentano un’anima, un’anima viva.
La riforma dei braccialetti può diventare l’occasione per riaprire il dibattito. Uscendo dalla strettoia della cosiddetta “certezza della pena”. Quella è una formula puramente propagandistica, che serve a dare l’impressione che in Italia vince l’impunità. Che prevale una magistratura anarchica che libera i criminali arrestati dalla polizia.
Non è così. Il problema casomai è l’opposto. E cioè è l’eccesso di carcerazione preventiva, che di per sé è una pena, spesso una pena estremamente afflittiva, ma dove però quello che manca è la colpa, o perlomeno la certezza della colpa. Per il resto il problema non esiste: la certezza della pena c’è sempre stata, nel rispetto delle leggi che prevedono flessibilità e premialità. Se bisogna discutere delle pene, la discussione è un’altra: sono adeguate? Vanno riformate? E’ necessario ricalibralre? ( Io credo di si, che sia necessario ricalibrarle, soprattutto perché, almeno per alcuni reati, sono molto alte. Però non sono sicuro che questa mia posizione sia perfettamente in linea con chi chiede certezza della pena…) Quello che invece è ancora molto indietro è il tentativo di realizzare, nel rispetto della pena ( e quindi anche della sua certezza) un sistema che non riduca la pena a una cosa che si può realizzare solo con la detenzione. E’ appunto la questione delle pene alternative.
Quali sono gli argomenti che di solito si usano contro le pene alternative? Sono solo due. Il primo è di tipo - per così dire - vendicativo. In sostanza la richiesta di punizione esemplare per chi sbaglia. Il secondo è di tipo securitario: anticipare la liberazione dei detenuti mette a rischio la sicurezza e comporta un aumento dei reati?
Il primo argomento è difficile da smontare. E’ una questione di sensibilità e di civiltà. La civiltà moderna, da molti anni, ha superato sia il principio della ferocia, sia quello del “risarcimento”. La pena, nella civiltà giuridica occidentale, non è risarcimento della vittima, ma misura di applicazione del diritto. Il senso comune, negli ultimi anni, però - alimentato da un sistema dell’informazione, e anche da un sistema politico che mostra una ostilità crescente per il diritto va in direzione contraria. Non sarà facile invertire la direzione di marcia del senso comune. Specialmente nella attuale condizione dell’Italia, che è del tutto priva di quella che una volta si chiamava l’intellettualità, e che aveva un peso determinante nella società civile e dunque nella formazione dello spirito pubblico.
Il secondo argomento è più ragionevole ed è tecnico. La risposta è altrettanto tecnica. Si fonda su due elementi. Il primo è statistico e dice che il grado di recidività negli ex detenuti che hanno goduto delle misure alternative è molto molto inferiore al grado di recidività di coloro che non ne hanno goduto. Il secondo è, per così dire, tecnologico. Lo spiega bene Damiano Aliprandi nell’articolo che pubblichiamo a pagina 5. I braccialetti permettono un controllo sicurissimo degli spostamenti dei detenuti ai domiciliari. E oltretutto permettono a centinaia di carabinieri e poliziotti di non occuparsi più del loro controllo e di occuparsi di altro.
Siamo nel 2018. La tecnologia negli ultimi 15 anni ha fatto passi da gigante. E’ assurdo non utilizzarla nel campo della sicurezza, e anche nella gestione delle pene.