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Il Ministero che occupava era quello della Pubblica Amministrazione, ma la senatrice della Lega e avvocata penalista Giulia Bongiorno si è distinta nel governo Conte I per la sua attività sul fronte della giustizia. E oggi non lesina giudizi sull’operato del ministro Alfonso Bonafede: «Andava portata avanti la riforma per ridurre i tempi della giustizia e invece mi pare che il ministro stia sonnecchiando», ha spiegato all’Huffington Post.
Il riferimento è alla modifica complessiva del processo penale, anche alla luce delle norme del Codice Rosso, per combattere la violenza sulle donne. «Nel codice penale vengono stabilite pene che poi, sulla base del codice di procedura penale e di altre leggi speciali, vengono diminuite. Resiste, in Italia, una confusione tra garantismo e certezza della pena. Essere garantisti vuol dire che fino al terzo grado di giudizio c’è la presunzione di innocenza, ma dopo il terzo grado è allucinante prevedere sconti di pena. Se inasprimento vuol dire effettività della pena che ben venga», è il suo giudizio.
Proprio il tema della velocità dei processi tocca anche la legge da lei voluta: «Se, anche con il Codice Rosso, alle donne diciamo “Denunciate, denunciate”, e poi il processo che ne scaturisce continua a durare sei, sette anni, per quelle stesse donne che si ritroveranno con l’autore di violenza come controparte processuale l’uscita dalla violenza rischia di trasformarsi in un nuovo calvario. Va velocizzato il processo penale, ma la riforma Bonafede non è in grado di rispondere a questa esigenza».
Il giudizio sulla riforma, infatti, è negativo: «Quando la ho vista, mi sono chiesta dove fosse effettivamente. È astratta, un libro fatto di pagine bianche, non indica soluzioni. Non è un caso che il Pd non abbia dato il via libera. Per me è chiaro il retropensiero che fa da sfondo a questa riforma», ovvero «mettere in campo una serie di norme sul patteggiamento e altri riti speciali, formule processuali per svuotare la pena, eliminare i dibattimenti. Noi della Lega ci batteremo perché ciò non avvenga. Siamo convinti che il dibattimento sia essenziale per accertare la responsabilità».