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Il ministero della Giustizia promette di intervenire e completare, entro il primo semestre del 2024, la manutenzione dei sistemi di video sorveglianza. Non solo. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha deciso di riprendere l’iniziativa, abbandonata per problemi di natura tecnica nel 2018, dell’introduzione dei dispositivi body cam, ovvero le telecamere mobili a disposizione degli agenti penitenziari utilizzabili per gli eventi critici.
Parliamo della risposta da parte del ministero alla lettera del garante nazionale delle persone private della libertà, in merito alle perquisizioni generali ordinarie e straordinarie e alla dotazione di difesa prevista per gli operatori in tali circostanze.
Questo scambio epistolare reso pubblico dal Garante, com’è noto ha dato i suoi frutti: una recente circolare ha dato indicazioni sia per quanto attiene le modalità di redazione del provvedimento con il quale il direttore dispone la perquisizione generale straordinaria che dovrà essere redatto in ogni caso in forma scritta mediante un apposito ordine di servizio motivato e documentato, sia per quanto attiene le successive attività di documentazione delle operazioni svolte a cura del direttore stesso. Tali disposizioni sono scaturite soprattutto a seguito della mattanza, avvenuta con la scusa della perquisizione straordinaria, al carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Come sappiamo, fondamentale è stato il sistema di videosorveglianza che ha ripreso tutto. Ma ci sono altri casi di presunti pestaggi in diverse carceri dove le telecamere non risultavano funzionati, oppure dopo tot ore i “nastri” non sono più visionabili. La ministra, in risposta al Garante, rende noto che la competente Direzione generale del personale e delle risorse, già nel dicembre del 2020 ha avviato un censimento dei sistemi di video sorveglianza all'interno delle carceri, chiedendo ai Provveditorati regionali di indicare, per ciascun istituto penitenziario, l'esistenza e lo stato di funzionamento degli impianti, nonché di specificare l'entità dei fondi da stanziare in loro favore.
Ebbene, è emerso che i fondi necessari per completare i sistemi di video sorveglianza di tutti gli istituti penitenziari ammontano a più di 22 milioni, per l’esattezza 22.220.722,22 euro. Il ministero sottolinea che, di norma, sul capitolo di bilancio in questione, vengono assegnati, ogni anno, circa 10 milioni di euro. Per questo si prevede di poter completare gli interventi per la fine dell’anno 2023 ed il primo semestre del 2024.
Per quanto concerne i dispositivi body cam ( Il Dubbio ne ha parlato a più riprese), il ministero rivela che il progetto iniziale di video sorveglianza in mobilità in uso al personale della Polizia penitenziaria ( sistemi Scout ed Explor), risalente ormai negli anni, non è andato a regime per questioni di natura tecnica. Per questo motivo, il Dap ha deciso - già nel corso del 2020 - di riavviare l’iniziativa.
La Direzione Generale ha, più nel dettaglio, programmato di avviare un nuovo progetto di sistemi di video sorveglianza in mobilità (body cam) in uso al personale della Polizia penitenziaria dapprima, in via sperimentale, presso i provveditorati regionali di Lazio e Campania, nella prospettiva di estendere il progetto – al termine della sperimentazione - all'intero territorio nazionale.
Ricordiamo che i dispositivi body cam sono accolti con favore anche dagli stessi sindacati di polizia penitenziaria. «Riteniamo che non sia più rinviabile dotare il Corpo di body- cam al fine di riprendere ogni fase operativa all’interno delle carceri!». È ciò che ha chiesto il segretario della Uil pol pen Gennarino De Fazio all’indomani delle 52 misure cautelari nei confronti di agenti e funzionari della polizia penitenziaria sulla mattanza avvenuta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. «Lo chiediamo da anni e lo abbiamo sollecitato recentemente nelle occasioni di confronto che abbiamo avuto con la Guardasigilli Cartabia», ha sottolinea sempre De Fazio a Il Dubbio.
Il body cam è un supporto tecnologico che potrebbe creare due effetti: quello di “de- escalation” nell’individuo aggressivo una volta posto di fronte alla telecamera, migliorando nel contempo la sicurezza intrinseca degli agenti di polizia che si trovano ad effettuare l’intervento in una simile situazione; ma è anche utile a prevenire episodi di abuso da parte degli agenti penitenziari poiché questa strumentazione genera un abbassamento dei livelli della risposta aggressiva o, peggio ancora, dei pestaggi pianificati come accaduto nel carcere campano.