«Bisogna vedere, bisogna starci, per rendersene conto». Lo diceva Pietro Calamandrei alla Camera il 27 ottobre 1948, in un intervento sulle carceri, ripreso nell’introduzione al numero 3 del marzo del 1949 della rivista Il Ponte, che titolò “Bisogna aver visto”.

E in questi giorni il procuratore generale di Perugia, Sergio Sottani, ha “voluto vedere” la condizione delle carceri umbre. Dopo aver visitato i penitenziari di Orvieto, Spoleto e Terni, ieri è stato a Perugia. Purtroppo le parole di Calamandrei sono rimaste inascoltate per anni, fatta eccezione per l’infaticabile lavoro di Marco Pannella e dei radicali. Un’azione nella quale lo spirito radicale è riuscito a coinvolgere sempre di più esponenti di varie forze politiche, che hanno varcato i cancelli delle prigioni per rendersi conto di quali fossero le condizioni di detenzione. Quest’anno, nel periodo di Ferragosto, abbiamo assistito a dei veri e propri tour dei parlamentari, con Forza Italia che ha affiancato il Partito radicale nelle sue consuete visite.

Sempre Pietro Calamandrei, in quel suo intervento alla Camera, disse: «Ho conosciuto a Firenze un magistrato di eccezionale valore che i fascisti assassinarono nei giorni della liberazione sulla porta della Corte d’appello, il quale aveva chiesto, una volta, ai suoi superiori il permesso di andare sotto falso nome per qualche mese in un reclusorio, confuso coi carcerati, perché soltanto in questo modo egli si rendeva conto che avrebbe capito qual è la condizione materiale e psicologica dei reclusi, e avrebbe potuto poi, dopo quella esperienza, adempiere con coscienza a quella sua funzione di giudice di sorveglianza, che potrebbe essere pienamente efficace solo se fosse fatta da chi avesse prima esperimentato quella realtà sulla quale doveva sorvegliare».

Ebbene le visite del pg Sottani in Umbria, al di là dei dati che ha raccolto, analoghi a quelli del Dap, del Garante nazionale e di quelli locali, assumono una grande valenza. Parliamo infatti del più alto magistrato requirente di un importante distretto di Corte d’appello che sente la necessità di conoscere da vicino la condizione dei penitenziari della sua regione. Un esempio che potrebbe essere seguito da altri capi della magistratura, magari nelle sedi in cui la drammaticità dell’emergenza è più evidente. Basti pensare a Milano, Roma, Napoli e Palermo. Sarebbe un modo anche per aggirare le divisioni paralizzanti, sul carcere, nell’Anm, con Md e AreaDg da una parte e Magistratura indipendente dall’altra. Immaginare il procuratore Gratteri varcare il cancello di Poggioreale, o il capo della Procura di Roma Lo Voi quello di Regina Coeli, e ancora il procuratore Viola a San Vittore, avrebbe un fortissimo impatto.

Per non dimenticare l’editoriale su Avvenire di Luigi Patronaggio: il pg di Cagliari ed ex capo della Procura ordinaria di Agrigento ha scritto che «il ricorso all’amnistia e all’indulto darebbe la possibilità, di riportare la calma all’interno delle carceri e di ragionare sul tema in modo più sereno e pacato, cercando soluzioni durature di medio e lungo termine».

E così, dopo l’iniziativa del 2018 “Viaggio in Italia: la Corte Costituzionale nelle carceri”, voluta dall’allora presidente della Consulta Giorgio Lattanzi, i detenuti cominciano a incontrare altre “toghe”. Il primo incontro dei giudici costituzionali avvenne a Rebibbia, dinanzi a circa 250 detenuti, poi fu la volta di San Vittore a Milano, del minorile di Nisida, di Terni, Genova- Marassi, del femminile di Lecce. L’evento di Rebibbia fu seguito in streaming in oltre 150 penitenziari e in 15 istituti minorili, per un totale di 11mila detenuti a fare da spettatori. Un viaggio continuato anche negli anni successivi fino al 2022, un’esperienza raccolta nel libro “Storie di diritti e di democrazia.

La Corte Costituzionale nella società”, scritto a quattro mani dall’ex responsabile della comunicazione della Consulta Donatella Stasio e dal presidente emerito Giuliano Amato. Insomma, la strada è stata aperta dal procuratore generale di Perugia Sottani, e ora bisognerebbe seguirla. Intanto Sottani non si ferma e, dopo la visita alla Casa circondariale perugina di Capanne, dichiara: «Il prossimo 4 settembre faremo un incontro con tutti i procuratori del distretto e con i direttori delle carceri.

A Perugia c’è una presenza rilevante di soggetti con problemi di tossicodipendenza e un alto numero di persone affette da disturbi di tipo psichiatrico. Si tratta di percentuali molto alte sulle quali intendiamo intervenire, nei limiti delle nostre possibilità, con i protocolli che abbiamo stipulato. La percentuale alta di persone con disturbi psichiatrici crea malumore e gli episodi di tensione che si verificano dimostrano come la situazione all’interno del carcere sia sempre problematica».

Nel 2024, a Perugia, si sono registrati 217 episodi di autolesionismo, 43 tentativi di suicidio e un suicidio, 41 aggressioni a danno degli agenti e una verso un operatore penitenziario. Persiste una generale carenza di personale della polizia penitenziaria: nei 4 istituti, sono 771 gli effettivi a fronte degli 831 previsti. I reclusi nelle carceri umbre sono 1.604, dei quali 1.534 uomini e 70 donne, a fronte di una capienza regolamentare di 1.339 posti letto (ridotti a 1.291). Una situazione grave. E altrove è anche peggio.