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Il principio del contraddittorio, «espressione fondamentale di civiltà giuridica europea», appartiene al catalogo dei principi generali del Diritto dell’Unione e, pertanto, non può essere escluso a priori dall’iter che porta all’emissione delle informative antimafia. Ed è per questo motivo che il Tar di Bari ha chiesto alla Corte di Giustizia europea di chiarire se il codice antimafia, nella parte in cui non prevede il contraddittorio in favore del soggetto destinatario di un’interdittiva, sia o meno compatibile il diritto dell’Unione. Una decisione storica quella dei giudici amministrativi, chiamati a decidere sul ricorso di una società estromessa da un appalto pubblico dalla Prefettura di Foggia, che aveva ravvisato possibili situazioni di condizionamento dell’attività imprenditoriale da parte della criminalità organizzata.
Il provvedimento interdittivo era fondato su «risalenti rapporti di frequentazione intrattenuti dai soci della ditta» con persone controindicate, nonostante l’assenza di sentenze di condanna e senza che sia emerso, nel tempo, «alcun condizionamento, nelle decisioni cruciali per la vita della società, ad opera di esponenti» della criminalità. Un provvedimento adottato, evidenziano i giudici amministrativi, «senza alcun contraddittorio tra la pubblica amministrazione e i soci della società ricorrente, quindi in assenza di una fase partecipativa del procedimento amministrativo», con lo scopo di anticipare un eventuale pericolo di infiltrazione. Per il Tar, però, tale provvedimento non costituisce una misura provvisoria e strumentale, ma «un atto conclusivo del procedimento amministrativo avente effetti definitivi, conclusivi e dissolutori del rapporto giuridico tra l’impresa e la pubblica amministrazione, con riverberi assai durevoli nel tempo, se non addirittura permanenti, indelebili e inemendabili», dal momento che l’interdittiva ha, come effetto, «la sostanziale messa al bando dell’impresa e dell’imprenditore che, da quel momento e per sempre, non possono rientrare nel circuito economico dei rapporti con la pubblica amministrazione dal quale sono stati estromessi». Proprio per questo, per i giudici, tale strumento non può essere considerato parte dei provvedimenti interinali e cautelari che consentano di escludere il contraddittorio.
«La stessa partecipazione al procedimento amministrativo, garantita attraverso l’ascolto delle ragioni del destinatario» del provvedimento interdittivo, evidenzia la decisione del Tar, «non ha controindicazioni perché il soggetto nei cui riguardi opera la misura non ha alcuna possibilità di mettere in atto strategie elusive o condotte ostruzionistiche con l’intento di sottrarsi al provvedimento conclusivo». Per i giudici, dunque, il contraddittorio tra il Prefetto e l’impresa «assume un’importanza davvero rilevante ai fini della tutela della posizione giuridica dell’impresa, la quale potrebbe offrire al Prefetto prove e argomenti convincenti per ottenere un’informativa liberatoria, pur in presenza di elementi o indizi sfavorevoli».