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Per Alessandro Barbano, giornalista e saggista, il Ddl Zan ha il limite di voler superare le discriminazioni non con una pedagogia culturale, ma con il carcere. Il paradosso è che il primo a discriminare è proprio lo Stato quando nega alle coppie dello stesso sesso i diritti delle famiglie etero: «È una tendenza italiana quella di usare il diritto penale per promuovere cambiamenti sociali, per affermare valori e diritti, per rispondere alle aspettative di una società. Il Ddl Zan è un esempio clamoroso».
«La cultura dell’omofobia non si batte con il carcere ma aumentando i diritti»
Per Alessandro Barbano, giornalista e saggista, il Ddl Zan ha il limite di voler superare le discriminazioni non con una pedagogia culturale ma con il carcere. Il paradosso è che il primo a discriminare è proprio lo Stato quando nega alle coppie dello stesso sesso i diritti delle famiglie etero.
In un Paese già sofferente per il panpenalismo, ci voleva il Ddl Zan a creare nuovi reati?
È una tendenza tipicamente italiana quella di usare il diritto penale per promuovere cambiamenti sociali, per affermare valori e diritti, per rispondere a tutte le aspettative illusorie e ideologiche di una società. Il Ddl Zan è un esempio clamoroso di questa inclinazione, tipica dei regimi: il diritto penale in un sistema liberale dovrebbe essere l'extrema ratio che protegge valori pienamente consolidati. Ad esempio il reato di omicidio è perseguito perchè, quand'anche non esistesse una norma a disciplinarlo, nella coscienza di tutti è comunque già considerato una condotta illegale. E poi chiediamoci: qual è l'obiettivo vero del Ddl Zan? A me sembra che si voglia imporre, in forma coattiva, una sorta di egemonia culturale.
La parità dei diritti non si conquista con il carcere quindi?
Il primo a discriminare la condizione delle coppie omossessuali è lo Stato quando nega ad esempio il matrimonio civile e il diritto di adozione per le coppie dello stesso sesso, ossia quando non fa nulla per raggiungere la piena equiparazione al regime previsto per le famiglie etero. La prima cosa da fare per rafforzare un valore in via di consolidamento è creare una cornice civile di parità effettiva tra le varie posizioni in campo. L'omosessualità è una libertà umana, non una specie protetta né una rivincita del progresso sulla storia.
Qual è il suo pensiero sull'iniziativa della Santa Sede?
Chiedere alle scuole cattoliche di celebrare la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia è come chiedere ad un ateo di recitare l'Ave Maria. Partendo dal presupposto che la condizione dell'omosessualità sia discrimata nel nostro Paese e che ciò comporti un grande carico di sofferenza, tuttavia è evidente che le forme e le modalità con cui si voglia superare questa discriminazione siano inadeguate. Il lavoro da fare è culturale non punitivo.
Anche perché, come nel caso del ragazzo che si è suicidato a Torino probabilmente perché bullizzato per la sua omosessualità, come si fa a stabilire se vi sia stata una istigazione al suicidio?
Ricondurre il suicidio ad una azione discriminatoria è molto difficile. Un diritto penale liberale rinuncia a stabilire facili connessioni causali tra le idee e il fatto, che pure ad esse sembra ricondursi secondo il senso comune. Quale umiliazione, quale insulto, quale discriminazione potrebbe tradursi nella condotta penalmente rilevante che avrebbe indotto il ragazzo a togliersi la vita?
Allargando lo sguardo, come giudica il comportamento del Pd in materia di giustizia?
Credo che il Pd sia subalterno al M5s e alla paura di perdere quel rapporto privilegiato che per anni ha avuto con parte della magistratura. Dopo la fase di riformismo tentato e fallito della stagione di Matteo Renzi, il Pd ha ripiegato sugli slogan e sugli schemi che hanno caratterizzato la sua posizione nella seconda Repubblica, quella della lotta a Berlusconi. Quindi mi pare che il Pd debba assumersi la responsabilità di aver caratterizzato il decennio 2010 - 2020 con un giustizialismo imperante. Le legge Severino chi l'ha sostenuta? E l'estensione del codice antimafia ai reati contro la pubblica amministrazione o l'uso disinvolto del trojan? Tutto quello che è avvenuto in quel decennio porta la firma di un guardasigilli del Partito Democratico. Chi è che per primo ha teorizzato l'interruzione della prescrizione dopo il giudizio di primo grado? Non è stato Bonafede ma Felice Casson, uno dei magistrati imbarcati dal Pd per fare la guerra a Berlusconi. Il Pd sta tornando drammaticamente su quelle posizioni, vuoi per un vuoto di cultura giuridica dell'attuale leadership, vuoi per un tatticismo che gli suggerisce erroneamente di non farsi scavalcare a sinistra dai cinque stelle.
Ha citato la Legge Severino. Deduco che andrà a firmare per i referendum promossi dal Partito Radicale e dalla Lega.
Assolutamente sì, andrò. Anche se manca in quel pacchetto un quesito per l'abolizione dell'ergastolo, ma non poteva essere diversamente visto che i radicali hanno scelto di condividere l'iniziativa con un partito giustizialista e falsamente garantista come la Lega. Si tratta di quesiti complementari alla riforma della giustizia che si sta portando avanti in Parlamento. Come ho detto due giorni fa durante la conferenza stampa di presentazione di presuntoinnocente. com promossa dall'onorevole di Azione Enrico Costa, la giustizia è affetta da tre distorsioni. La prima concerne l'assetto dei poteri: oggi la giustizia è diventata il tutore e il garante del sistema politico. Ciò è sbagliato perché la nostra è una democrazia parlamentare. Qualora un primato dovesse essere assegnato, questo spetterebbe alla funzione legislativa. La seconda distorsione riguarda il processo accusatorio incompiuto dove le garanzie della difesa sono fortemente compresse. La terza e più importante riguarda il racconto che i media e i procuratori fanno della giustizia e delle vicende di cronaca. Certi tipi di narrazione anticipano agli occhi dell'opinione pubblica l'eventuale condanna. Come se ne esce? Con una pedagogia culturale che spieghi ai cittadini che cos'è il diritto penale, ossia l'extrema ratio della democrazia, e non lo strumento, come dicevano alcuni magistrati, per affermare l'innocenza dell'indagato, quasi che fossimo tutti presunti colpevoli. Quando si afferma un convincimento di questo tipo è la fine dello Stato di Diritto.