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Ancora scritte pro Alfredo Cospito
«La strada scelta è di chiusura totale. I giudici hanno disatteso la pur ragionevole richiesta del Pg Gaeta di rinviare la decisione ai giudici di sorveglianza. Personalmente mi aspettavo un esito diverso. Ma stavolta è proprio necessario leggere le motivazioni per pronunciarsi nel merito». Così il costituzionalista della Sapienza Gaetano Azzariti in un'intervista a Repubblica dopo la decisione della Cassazione di rigettare il ricorso della difesa di Alfredo Cospito.
Di chi sarà la responsabilità se Cospito muore? «Se continua a vivere è possibile ricorrere di nuovo al tribunale di sorveglianza e alla Corte europea di giustizia. C'è un precedente del 2018, il caso di Provenzano, in cui i giudici hanno condannato l'Italia per un'applicazione del 41 bis troppo estensiva», dice il costituzionalista.
«La sua è certamente un'applicazione estesa di una norma creata nel 1986 contro il terrorismo, usata dal 1992 come misura eccezionale dopo le drammatiche stragi di Capaci e via D'Amelio. Ma il caso di Cospito è diverso. Perché lui non mi pare in grado di dirigere un'organizzazione criminale ordinando dal carcere specifiche azioni criminali», evidenzia. Però le violenze ci sono state. «Certo, e sono da punire con rigore, ma si tratta di episodi eversivi fatti "nel nome” di Cospito, e non diretti da lui. L'effetto perverso del 41 bis - dice ancora Azzariti - è aver trasformato un detenuto condannato per gravi reati in un simbolico leader anarchico».
Il 41bis viene applicato con troppo automatismo? «Bisogna che la politica rifletta subito su uno strumento che richiede di essere rivisto alla luce dei principi costituzionali, della giurisprudenza della Consulta e delle Corti europee. Sì al carcere duro - sottolinea Azzariti - solo come assoluta eccezione nei gravissimi casi in cui è effettivamente in pericolo la sicurezza pubblica ed è accertata, oltre ogni ragionevole dubbio, la pericolosità effettiva del condannato». Va abolito? «Mi attengo a quello che ha scritto la Consulta che ha provato a limitare gli effetti della sua applicazione, confermandone la costituzionalità, ma preservando il senso di umanità che deve garantire la detenzione di chiunque», conclude.