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Difendere l’avvocato. Anche con il richiamo costituzionale del suo insostituibile ruolo. Perché, spiega Andrea Mascherin, «la nostra professione è a sua volta estremo baluardo della democrazia solidale». Il presidente del Consiglio nazionale forense sa che il messaggio non è semplice da trasmettere. Le insidie che incombono sul principio di uguaglianza, e sulla dignità della stessa avvocatura, tendono a essere rimosse. Così decide di scuotere con un discorso forte, rivolto ben oltre l’orizzonte dell’avvocato inteso come fornitore di servizi, gli oltre 400 colleghi accorsi ieri pomeriggio nell’aula magna del Palazzo di Giustizia di Milano. Si tratta non a caso di un evento formativo, voluto dall’Ordine forense della capitale morale e così intitolato: “Il ruolo dell’avvocato e il rilievo costituzionale della professione”.
Il presidente dell’Ordine di Milano Remo Danovi e la consigliera Cnf Fancesca Sorbi ricordano come la formazione non si riduca mai a un mero trasferimento di conoscenze tecniche. «Dobbiamo essere consapevoli che i principi da difendere sono innanzitutto quelli della libertà e dell’autonomia dell’avvocato», spiega Danovi. E l’obiettivo non è facile. Le insidie sono, appunto, sottovalutate o misconosciute. Mascherin le richiama in un intervento di carattere metapolitico, e affida al direttore dell’Ufficio studi del Cnf, Giuseppe Colavitti, l’illustrazione della proposta di modifica costituzionale con cui lo stesso Consiglio forense punta a introdurre «la libertà e l’indipendenza dell’avvocato».
IL MERCATISMO CHE NEGA I DIRITTI
Il vertice dell’avvocatura istituzionale pone i colleghi di fronte all’urgenza di una battaglia, quella «in difesa della democrazia solidale». Parte dai tentativi messi in atto nell’ultimo decennio per minare non solo il decoro della professione ma il suo stesso autogoverno. «Prima Tremonti prova a cancellare gli Ordini: lo fermano i rappresentanti delle professioni in Parlamento. Arriva quindi il governo Monti, che nell’agosto del 2011 delegifica la nostra e quasi tutte le altre categorie, le sottrae alla normazione primaria in modo da esporle all’arbitrio governativo. Riusciamo a ribaltare le sorti della partita e a far approvare a fine legislatura la nostra legge professionale. Ma le insidie schivate nel corso dell’esame parlamentare svelano non solo l’incultura ma anche l’ostilità e quasi il disprezzo per la funzione difensiva».
Una congiuntura difficile? No, «è il punto di caduta di una cultura che divinizza mercato e concorrenza, di matrice anglosassone e disposta a scatenare, anche con l’abolizione delle tariffe, una guerra tra poveri». Il presidente del Cnf lo definisce «principio di disuguaglianza: una discriminazione basata non più sulla razza ma sui valori economici».
DANOVI: VOGLIONO RIDURCI A FORNITORI
È questo, secondo Mascherin, il senso del mercatismo, «di un sistema basato sul primato dell’economia. Dall’altra parte ci siamo noi, che abbiamo una visione fondata sul diritto, dunque sulla difesa dei più deboli. Siamo un baluardo contro chi pretende di affermare su tutto il primato de Pil». Che nella giurisdizione diventa «affermazione dell’efficientismo rispetto alle garanzie». È la deriva culturale in cui, spiega Danovi a inizio incontro, «si vuole trascinare anche la nostra professione. È espressa nella visione europea secondo cui la difesa prestata dall’avvocato altro non è che un servizio scambiato con un corrispettivo. Viene invece azzerata», ricorda ancora il presidente degli avvocati di Milano, «la funzione di vigilanza deontologica propria degli Ordini. Tutto ciò che è vantaggioso e performante diventa leader del mercato, e tale principio rovesciato è brandito dall’Antitrust, pronta a multarci se solo osiamo contestare illeciti disciplinari ai colleghi che ricorrono a forme di pubblicità ingannevoli». A richiamare il conflitto tra dignità della professione e religione dell’efficientismo è anche uno dei due consiglieri del Cnf espressi dagli Ordini lombardi, Carlo Allorio: «È innegabile che pregressi governi fautori delle liberalizzazioni abbiano cercato di denunciare una correlazione tra il modello ordinistico e i costi della difesa per cittadini e imprese: si è cercato di abbattere entrambi».
E infatti è su questo che Mascherin insiste: «Si cerca di ridurre la difesa a costo da tagliare. E si tenta di farlo anche perché il sistema di controllo dei popoli basato sul primato dell’economia trova un ostacolo proprio in noi avvocati. Noi siamo custodi delle garanzie, loro sono i profeti del Pil. Noi affermiamo una democrazia solidale, loro pretendono di trasformare tutti in consumatori incapaci di esprimere dialettica. Ecco perché», spiega ancora il presidente del Cnf, «va affermata la libertà e l’indipendenza dell’avvocato in Costituzione: per sancire il primato del diritto come soluzione dei conflitti rispetto al primato dell’economia».
Il richiamo a princìpi che vanno oltre l’ambito della giurisdizione, nota la consigliera Sorbi, «può sorprendere: ma la formazione non vuol dire solo trasferire cognizioni tecniche, è anche consapevolezza dell’impatto che la funzione difensiva ha rispetto al tessuto sociale». Ed è improbabile che gli oltre 400 avvocati milanesi presenti ieri non siano usciti persuasi che innanzitutto a loro spetti quella «resistenza culturale al dogma mercatista che non ammette obiezioni», di cui parla Mascherin. Il quale non ha dubbi su una precisa vocazione dell’avvocatura: «Proprio in virtù dell’importanza che la dialettica assume nella nostra professione, non possiamo che essere noi i primi a contrastare una visione che pretende di affermare, senza ammettere obiezioni, una sola verità, quella dell’economia come valore che schiaccia tutti gli altri».