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«Carissimi Avvocati, è trascorso un mese dall’ultima volta in cui ho visto mio figlio Andrea, giovane avvocato penalista di 36 anni. Ho già ringraziato molti di voi per la vicinanza manifestata in questi momenti di immaginabile dolore, ma spero ora di non apparire inopportuno nel tentativo di “far parlare Andrea”: sono tanti i genitori che soffrono per simili tragedie e non tutti hanno questa possibilità… e forse lo stesso mio figlio, dotato di una grande sobrietà, potrebbe non essere d’accordo… Vi chiedo scusa, allora, se mi lascio guidare dal cuore: ho deciso di scrivervi egualmente perché voglio affidarvi non solo il ricordo di un figlio, ma quello di un figlio- avvocato. E ve lo trasmetto attraverso parole di un avvocato e di un giudice.
L’avv. Salvatore Scuto del foro di Milano, presso il cui studio mio figlio lavorava, ha di lui scritto: “Andrea aveva sviluppato una bella idea della funzione difensiva, moderna, senza retorica ma ferma nella convinzione dell’imprescindibile suo ruolo nella dinamica processuale. Andrea è andato avanti ed ha superato e vinto la sua sfida con la forza delle sue idee e delle sue convinzioni, orgoglioso come era di essere avvocato. Quella forza e quella dignità lo hanno sostenuto sino alla fine facendo a gara con una riservatezza così ferrea da lasciare oggi, in chi gli ha vissuto accanto nella vita lavorativa, ammirazione accompagnata però da una punta di smarrimento”.
Erano questa sua visione della giustizia e la dignità con cui viveva la sua professione che mi rendevano e mi rendono orgoglioso di avere avuto un “figlio- avvocato”»