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«Devo riconoscere grande senso di responsabilità nell’Ordine degli avvocati e nei capi degli uffici giudiziari di Napoli, dai quali è stato adottato il modello delle linee guida, che prevede forme di tutela all’interno e al di fuori delle aule. E auspico che tale modello possa ispirare anche i prossimi interventi normativi in materia di giustizia», ha dichiarato il presidente del Cnf, Andrea Mascherin.
«Esì, siamo orgogliosi. Si è riconosciuto il ruolo imprescindibile di noi avvocati. In una fase difficile come i giorni che viviamo ma anche per il futuro». Antonio Tafuri, al vertice dell’Ordine forense di Napoli, è un presidente un po’ fortunato e un po’ martirizzato. Perché in tutta Italia chi guida i Consigli dell’Ordine è sottoposto a una pressione disumana, ma lui forse ne ha sperimentata la forma più estrema, dopo l’aggravarsi dell’emergenza coronavirus a Napoli e alcune «incomprensioni con la magistratura». Eppure Tafuri può considerarsi protagonista di una sinergia esemplare, suggellata ieri nel capoluogo campano dall’accordo che ha portato a istituire, proprio con i capi degli uffici giudiziari, il tavolo tecnico comune per fronteggiare l’allarme.
È stato riconosciuto il ruolo dell’avvocatura?
Sì, è stato riconosciuto in pieno. Alla riunione fra vertici degli uffici giudiziari, Cnf e Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli c’è stato a un certo punto quasi un coro: tutti, e dico tutti, ed erano tanti, i capi della magistratura partenopea hanno detto, uno a uno, che non si possono risolvere le criticità, a maggior ragione nella fase drammatica che viviamo, senza la nostra collaborazione, senza la sinergia con noi avvocati. Non è possibile decidere, è stato riconosciuto da tutti, se non si colgono l’umore e il punto di vista di chi vive la quotidianità della giustizia sulla propria pelle.
Che è di fatto quanto avevano suggerito le linee guida ministero- Cnf.
E adesso ci si organizza per attuarle, quelle linee guida. Innanzitutto per scongiurare assembramenti negli spazi dove si resta in attesa delle udienze, e dove avvocati e parti processuali resterebbero esposti a rischi di contagio enormi. Siamo orgogliosi di un simile esito. Certo, c’è stato un momento in cui avevamo temuto che si potesse non comprendere la necessità di decisioni condivise, non calate dall’alto. E siamo ricorsi all’astensione, che abbiamo proclamato per primi, prima ancora che lo facesse l’Ocf. Potremmo dire, hegelianamente, che si è trattato di un’antitesi dialettica del processo storico, e che siamo orgogliosi di essere arrivati alla sintesi del tavolo appena istituito. Poi capisco che sull’astensione si possano avere opinioni diverse, per esempio rispetto alla legittimità del mancato preavviso, ma siamo comunque orgogliosi del risultato. E c’è un’altra osservazione da fare.
Quale?
Devo essere grato al presidente del Cnf Mascherin: la sua opera per favorire il riavvicinamento fra avvocati e magistrati a Napoli è stata essenziale.
Il tavolo tecnico istituto per fronteggiare l’emergenza coronavirus è l’occasione per rilanciare il dialogo fra avvocati e magistrati anche quando sarà superata l’emergenza?
Non a caso è stato inserito, nel comunicato congiunto diffuso al termine della riunione, proprio l’esplicito riferimento a una prospettiva di permanenza di questa cabina di regia. Lo so che può suonare paradossale, eppure credo sia sensato dire che di una fase così triste e difficile siamoi riusciti ad approfittare per istituire un metodo, prima ancora che uno strumento. A valere è il principio, l’idea per cui appunto magistrati e avvocati a Napoli, e non solo a Napoli naturalmente, favoriscono la migliore amministrazione della giustizia quando operano in modo condiviso. Sono convinto che abbiamo compiuto insieme un passo capace non solo di mettere alle spalle le incomprensioni dei giorni scorsi, ma soprattutto di creare un paradigma. Un modello in grado di resistere anche dopo che, spero prestissimo, si sarà usciti dall’emergenza.