La questione carceraria in Italia sta precipitando verso un punto di non ritorno. Un’impennata di suicidi, malori causati dal caldo torrido, sovraffollamento cronico e tensioni sfociate in dure proteste dei detenuti stanno portando il sistema penitenziario sull’orlo del collasso. Non si può fare a meno di pensare al rischio di un ritorno alle gravissime rivolte del marzo 2020, che provocarono decine di morti. E la repressione non è la cura, ma l’aggravante.

Siamo drammaticamente arrivati a 56 suicidi dall’inizio dell’anno, con alcune stime non ufficiali che ipotizzano un numero ancora maggiore. L’ultimo episodio di questa tragica sequenza si è verificato domenica notte nella Casa Circondariale Santa Maria Maggiore di Venezia. Un detenuto di 37 anni, originario di San Donà di Piave, è stato trovato impiccato nella sua cella. L’uomo, in carcere per reati legati allo spaccio di stupefacenti, si è tolto la vita utilizzando un lenzuolo. Nonostante i soccorsi immediati, non è stato possibile salvarlo. Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, descrive la situazione come un «bollettino di guerra». A questi numeri già allarmanti, si aggiungono 6 suicidi tra gli appartenenti alla Polizia penitenziaria. «Una mattanza irrefrenabile», la definisce De Fazio.

Il quadro che emerge è quello di un’emergenza penitenziaria senza precedenti. I numeri sono impietosi: 14.500 detenuti oltre il massimo della capienza, 18mila unità mancanti nella polizia penitenziaria. Ma non sono solo i numeri a preoccupare. De Fazio elenca una serie di problemi che affliggono le carceri: «Omicidi, suicidi, proteste collettive e disordini frequentissimi, risse, stupri, aggressioni, incendi, devastazioni, evasioni, traffici di sostanze, telefonini e armi». La frustrazione degli addetti ai lavori è palpabile. «Cos’altro deve accadere per suscitare un proporzionato intervento del Governo e del Parlamento?», si chiede De Fazio. «Si aspetta una strage ancora più grave? Un’evasione di massa?».

L’incubo delle rivolte come nel 2020

Le proteste dei detenuti stanno diventando sempre più frequenti. Un esempio recente è quello del carcere di Torino, quando i detenuti della settima sezione del padiglione B hanno appiccato un incendio nel locale utilizzato come barberia, poi i ristretti della sesta sezione hanno fatto lo stesso lanciando bombolette di gas incendiate, manici di scopa e altri oggetti verso i cancelli. «Abbiamo deciso di rompere cessi e lavandini così facendo le celle di pernottamento non saranno più agibili e quindi dovrà intervenire l’Asl per le condizioni n cui viviamo. Dobbiamo farci sentire», rivendicano i detenuti tramite un video su Tik Tok.

Anche nel carcere di Trieste nel tardo pomeriggio di giovedì è scoppiata una rivolta che si è protratta fino alle ore 23. Grazie all’intervento della Polizia penitenziaria e del Magistrato di Sorveglianza, la situazione è stata contenuta senza violenza. Tuttavia, quattro detenuti sono finiti in ospedale: uno per un malore e tre per la probabile ingestione di farmaci sottratti all’infermeria. Disordini simili si sono verificati anche a Firenze e Viterbo.

Come sottolineato da Samuele Ciambriello, portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali, nelle carceri italiane si registra «un suicidio ogni tre giorni». Una situazione che ha spinto il Presidente della Repubblica, quattro mesi fa, a lanciare un appello urgente per interventi mirati a ridurre le tensioni nel sistema penitenziario. Di fronte a questa situazione critica, i Garanti territoriali oggi hanno indetto una conferenza stampa presso il Senato con l’obiettivo di discutere le proposte sul tavolo. Hanno esaminato il recente decreto Carcere del governo e il Ddl Sicurezza, considerati dai Garanti come un pacchetto di misure inutili e gratuitamente repressive in materia penale, penitenziaria e nel diritto dell’immigrazione. La conferenza ha sottolineato l’urgenza di interventi immediati, anche temporanei, per alleviare la pressione sulla popolazione carceraria.

Le proposte per fermare l’emergenza

Il dibattito sulle carceri italiane si inserisce in un contesto più ampio di riflessione sul sistema giudiziario e penitenziario del paese. Le proposte dei Garanti e le discussioni in corso in Parlamento, come la proposta di legge sulla liberazione anticipata promossa da Roberto Giachetti di Italia Viva e Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino, che sarà discussa mercoledì 17 luglio, potrebbero portare a importanti cambiamenti nelle politiche carcerari con l’obiettivo di garantire condizioni di detenzione più umane e un sistema più efficace nel reinserimento sociale dei detenuti. 

Il Consiglio generale dei Radicali ha approvato all’unanimità una mozione che dà il via a una campagna di denuncia delle condizioni «disumane e degradanti» nelle carceri italiane. L’iniziativa, che si rivolge al Presidente della Repubblica, alla Magistratura di Sorveglianza e al Ministro della Giustizia, prevede la presentazione di formali istanze di grazia e di sospensione delle pene per motivi umanitari. Il Partito Radicale denuncia il sovraffollamento, la mancanza di assistenza sanitaria e l’abbandono di detenuti con problemi psichiatrici e di tossicodipendenza.

Il documento invita il Parlamento a riprendere i lavori per una riforma penitenziaria e critica il DAP per la recente legge che sanziona le proteste nonviolente dei detenuti. La campagna prevede il coinvolgimento diretto dei detenuti e dei loro avvocati, che sono invitati a presentare istanze sulla base di formulari predisposti dal Partito Radicale.