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Ancora un suicidio nelle carceri italiane. L'ultimo, il 12esimo dall'inizio dell'anno, è avvenuto ieri, a Regina Coeli, dove un detenuto 24enne è morto inalando il gas della bomboletta del fornello utilizzato normalmente per riscaldare cibo e bevande. «Nel carcere di Regina Coeli ieri ennesimo suicidio di un giovane detenuto di 24 anni che si toglie la vita inalando il gas di una bomboletta da campeggio. E siamo a una media di suicidi in carcere di uno ogni tre giorni da inizio anno. Mi rivolgo alla ministra della Giustizia prof.ssa Cartabia di cui conosciamo la sensibilità e l'umanità: non sente l’urgenza di ripristinare la legalità degli istituti penitenziari e non consentire più questa barbarie?», ha sottolineato Vincenzo Comi, presidente della Camera penale di Roma.
«I detenuti sono persone nelle mani dello Stato! Cosa deve succedere per scuotere le coscienze degli uomini di governo e interrompere questa tragedia che trasforma le carceri in cimiteri? Noi avvocati penalisti romani denunciamo da sempre questo stato di abbandono del sistema carcerario nel Lazio. Lo abbiamo gridato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario proprio qualche settimana fa sollecitando un intervento urgente ma purtroppo tutto è rimasto fermo ed ecco oggi l’ultima tragedia. Lo pensi la ministra che senza una riforma domani piangeremo altri morti nelle carceri. E saranno morti sulla coscienza di chi ha la responsabilità di ripristinare la legalità». A rivolgersi alla ministra anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece, secondo cui «un detenuto che muore o che, peggio, si toglie la vita in carcere è una sconfitta dello Stato e dell’intera comunità. Il suicidio - ha sottolineato il rappresentante del sindacato autonomo di polizia penitenziaria - costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere».