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Giorno cruciale per la sorte della riforma dell’ordinamento penitenziario e grande mobilitazione del mondo giuridico, politico e di tanti semplici cittadini. Da qualche giorno, infatti, è stato lanciato un appello a firma di importanti giuristi e intellettuali, indirizzato al governo per chiedere l’approvazione definitiva della riforma. Un appello che con il passar del tempo è diventato una clamorosa mobilitazione di giuristi e intellettuali a sostegno della lotta nonviolenta del Partito Radicale. L’iniziativa, a prima firma del filosofo Aldo Masullo e del giurista Luigi Ferrajoli, vede impegnati anche il presidente del Cnf Andrea Mascherin, il numero uno delle Camere penali Beniamino Migliucci, numerosi presidenti degli ordini degli avvocati, il professore di Diritto costituzionale nell’Università di Ferrara Andrea Pugiotto, il presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, il professore di diritto penale dell’università di Palermo Giovanni Fiandaca e il senatore Luigi Manconi. Insieme a loro magistrati del calibro di Armando Spataro, procuratore capo della Repubblica di Torino e Francesco Cozzi, procuratore della Repubblica di Genova.
Non mancano le firme dei garanti regionali e locali come Stefano Anastasia, Bruno Mellano e Andrea Nobili, quelle dei direttori dei penitenziari come Massimo Parisi, di Milano Bollate e Rita Romano, dirigente del penitenziario di Eboli. Tutte le firme dell’appello sono pubblicate sul sito di Radio Radicale. Come già annunciato dal premier Paolo Gentiloni, oggi si dovrebbe riunire il Consiglio dei ministri per l’approvazione del decreto delegato della riforma. Un momento cruciale, perché non si sa in quali termini verrà licenziata almeno questa prima parte dei decreti, visto che finora sono stati accantonati quelli riguardanti l’affettività, l’ordinamento penitenziario minorile, misure di sicurezza, giustizia riparativa e lavoro penitenziario. Ma rimane comunque una parte fondamentale, perché riguarda principalmente l’implementazione delle misure alternative come l’affidamento in prova che verrà allargato a una parte consistente di detenuti, l’assistenza sanitaria che va a regolamentare soprattutto la salute mentale e, infine, la modifica del 4 bis dove una fascia importante di detenuti – tranne per chi si è macchiato di reati mafiosi e terrorismo – potrà essere valutata dai magistrati per ottenere o meno le misure alternative, utilissime per l’abbassamento della recidiva e, quindi, per il reinserimento nelle società. Ora ci troviamo a un bivio: potrà essere l’ultima riunione e ciò significherebbe approvarla accogliendo tutte le osservazioni delle commissioni giustizia, comprese quelle del Senato, svuotando la riforma; oppure sarà il penultimo passo della riforma accogliendo i miglioramenti proposti dal parere della Commissione giustizia della Camera ma non i rilievi demolitori del Senato sul 4 bis -, e poi il passo definitivo entro i 10 giorni dell’ultimo parere. Un rischio, quello della demolizione della riforma, che viene denunciato soprattutto dal Partito Radicale con un appello pubblicato ieri da Il Dubbio. A questo sia aggiunge l’incertezza dei tempi. La società civile, soprattutto quella che opera nell’ambito del diritto penitenziario, preme affinché si realizzi la riforma nella sua interezza, senza snaturarla. Se da una parte ci sono alcune forze politiche e una componente, minoritaria, della magistratura che si oppongono alla riforma, dall’altra ci sono forze intellettuali, personalità politiche trasversali, giuristi, associazioni che la difendono. I principali detrattori della riforma sono il Movimento Cinque Stelle, Lega, Fratelli d’Italia e una parte di Forza Italia. A loro si affiancano le critiche - nei confronti di alcune parti del testo, soprattutto la modifica del 4 bis - del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho e delle associazioni vittime del dovere e familiari vittime della strage di via dei Georgofili.
Invece, i sostenitori della riforma nella sua interezza – chiedendo di approvarla tutta e prendendo in considerazione le osservazioni migliorative - sono i magistrati dell’Associazione nazionale magistrati, in particolar modo il presidente Eugenio Albamonte, il Consiglio superiore della magistratura, i rappresentanti del Coordinamento nazionale magistrati di sorveglianza, perfino gli esponenti di Magistratura democratica come Piergiorgio Morosini che sul Fatto Quotidiano smentisce le obiezioni del suo collega Ardita. A sostenere l’approvazione della riforma poi c’è il mondo politico. In primis il Partito Radicale con l’azione nonviolenta di Rita Bernardini che è giunta al 31esimo giorno dello sciopero della fame, e ad appoggiare l’azione ci sono personalità politiche differenti tra loro come Luigi Manconi del Pd e Renata Polverni di Forza Italia. Senza però dimenticare i 10.000 detenuti che stanno scegliendo il metodo della no violenza all’interno dei penitenziari. All’azione del Partito Radicale si è aggiunta la mobilitazione dei garanti regionali e locali che ha indetto, per oggi, uno sciopero della fame di 24 ore. Un importante sostegno della riforma, consigliando il governo a non accogliere le osservazioni del Senato, proviene dal garante nazionale dei detenuti Mauro Palma. A sostenere la riforma c’è anche l’associazione Antigone, che ha promosso recentemente un convegno, l’Unione camere penali e la redazione di Ristretti Orizzonti. A tutto ciò si aggiunge il volere del parlamento: il governo è obbligato ad attuare la delega parlamentare della legge 103 del 23 giugno 2017.