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Quasi in contemporanea, tre diversi appelli spingono verso l’adozione di una norma straordinaria per ripristinare, nella giustizia amministrativa, il ricorso alle udienze da remoto. Di fronte alla crescita dei contagi, un rapido intervento, innanzitutto da parte della presidenza del Consiglio, è sollecitato dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, che ha al proprio vertice il presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, dalle associazioni dei magistrati dei Tar e di Palazzo Spada e dall’Unione nazionale avvocati amministrativisti (Unaa). In particolare, la sigla che rappresenta il Foro ha predisposto anche il testo di un’eventuale norma da inserire in un decreto legge per garantire il ritorno alle udienze a distanza, già sperimentato con successo fino allo scorso 31 luglio. Basta udienze in presenza: magistrati e avvocati amministrativisti chiedono di ripristinare le udienze da remoto. E lo fanno attraverso due distinte iniziative, che convergono verso un unico punto: garantire la tutela della salute in un periodo di incertezza come quello attuale, con i contagi in risalita e incertezze sulle misure future di governo e regioni per limitare la diffusione del virus.
Le associazioni che rappresentano la magistratura amministrativa (Amcs, Anma e Conma) hanno scritto nei giorni scorsi una lettera al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, per sollecitare «interventi normativi urgenti», in grado di «continuare a garantire l’efficiente e regolare svolgimento delle udienze, alla luce dell’evoluzione della pandemia». Una missiva che arriva dopo quella scritta dal presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, seguita da una mozione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, organo di governo autonomo della giustizia amministrativa, con la quale sono stati chiesti interventi urgenti al Governo, come la riattivazione delle udienze da remoto, su base territoriale e con decisione rimessa ai presidenti degli uffici giudiziari, fino alla fine dello stato d’emergenza nazionale. Le associazioni chiedono dunque, «per la tutela della salute di tutti», magistrati, avvocati, personale amministrativo, di poter svolgere le udienze, fino al superamento dell’emergenza, «integralmente da remoto o con sistema misto» e in particolare in modalità telematica per singoli magistrati o avvocati impossibilitati a raggiungere la sede dell’udienza.
Dal canto suo, l’Unione nazionale avvocati amministrativisti, esprimendo preoccupazione sulla reale possibilità di garantire lo svolgimento delle udienze nei prossimi mesi, ha proposto di ripristinare l’udienza da remoto fino alla scadenza dello stato di emergenza, proclamato fino al 31 gennaio prossimo. Uno strumento, quello del processo per via telematica, «che si è dimostrato utile in questo periodo» e che è rimasto in vigore solo fino al 31 luglio. Mancando la copertura normativa, allo stato attuale, è infatti impossibile continuare a richiedere di poter partecipare alle udienze da casa o dall’ufficio. Da qui la richiesta, da parte di Unaa, di un ulteriore periodo di “prova” che consenta di ricorrere all’udienza telematica in base alle concrete esigenze delle parti. Le udienze amministrative, infatti, implicano talvolta anche la partecipazione di avvocati provenienti da zone diverse e lontane da quella che ospita il singolo tribunale amministrativo, avvocati che potrebbero trovarsi, da qui a breve, impossibilitati a spostarsi, sia per via della possibilità, da parte delle Regioni, di imporre lockdown locali, sia in vista di possibili periodi di isolamento a causa di contatti con persone positive al Coronavirus. Problemi ai quali si aggiungono le normali precauzioni per i rischi legati ad età o patologie pregresse per avvocati, magistrati e personale dei vari plessi giudiziari.
La proposta normativa di Unaa prevede la possibilità di ricorrere all’udienza integralmente da remoto non solo in caso venga disposta con decreti assunti dai presidenti dei singoli plessi giudiziari, ma anche su richiesta della singola parte. «È evidente che qualunque previsione difforme da tale ipotesi, come ad esempio l’imposizione che la richiesta sia formulata da tutte le parti del giudizio o che sia valutata discrezionalmente dai presidenti dei singoli plessi giudiziari - si legge in una nota -, vanificherebbe il diritto di difesa nella pienezza del contraddittorio che è un principio costituzionalmente garantito anche in epoca di emergenza Covid- 19». In alternativa si potrebbe ricorrere ad un sistema misto, che consente, a chi ne ha bisogno, di partecipare a distanza, mentre le parti rimanenti potrebbero presentarsi in aula. In tal modo verrebbe assicurata in ogni caso la presenza all’udienza a tutti i difensori e a tutti i magistrati facenti parte del collegio giudicante, il tutto regolando la gestione delle udienze, sia fisiche sia da remoto, con «un protocollo firmato dal presidente del Consiglio di Stato, dal Cnf e dalle Associazioni specialistiche maggiormente rappresentative», così come già avvenuto durante il lockdown, «al fine di garantire regole uniformi su tutto il territorio nazionale, evitando il proliferare di prassi differenziate anche presso gli stessi Uffici giudiziari, fonte di confusione per l’avvocatura e di inefficienza dell’apparato Giustizia». L’appello al governo è quindi quello di intervenire «urgentemente» con un decreto legge, «al fine di evitare che la situazione di emergenza nazionale in atto possa incidere sul corretto svolgimento della giustizia amministrativa» .