A un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria emana finalmente una circolare che detta le linee guida sull'affettività in carcere. La circolare nasce come risposta al pronunciamento della Consulta che, con la sentenza n. 10/2024, aveva messo in luce come l’obbligo del controllo a vista durante i colloqui familiari rappresentasse una violazione della dignità e un’ingiustificata compressione del diritto all’intimità.

In sostanza, il documento si propone di trasformare una decisione giudiziaria in prassi operativa, definendo in modo dettagliato le modalità per consentire i cosiddetti “colloqui intimi” senza la presenza diretta del personale di custodia. La circolare riconosce che i colloqui intramurari rappresentano il contesto nel quale inquadrare il diritto all’affettività. Tali colloqui vengono inquadrati come il contesto per il riconoscimento di questo diritto.

Richiamandosi all’art. 37 del Regolamento di esecuzione del D.P.R. 230/2000, la circolare stabilisce che questi incontri possano durare fino a due ore e si svolgano senza controllo visivo, a meno che non emergano criticità specifiche. I beneficiari individuati sono il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona convivente con il detenuto. Dalla circolare si apprendono i dati del 2024, che evidenziano come oltre 22.500 detenuti abbiano usufruito dei colloqui in presenza e, stimando sulla base dei permessi premio e delle infrazioni disciplinari, si ipotizza che circa 16.900 possano accedere alla modalità riservata.

Considerata la carenza di spazi idonei, la circolare stabilisce criteri di priorità, privilegiando i detenuti senza altri benefici penitenziari o con pene particolarmente lunghe. I provveditori devono individuare o allestire ambienti adeguati – con camera arredata, letto e servizi igienici – e, se necessario, trasferire detenuti in istituti che li offrano, con implicazioni in termini di lavoro, sicurezza e costi.

Il rapporto affettivo va verificato dal Direttore o dall’Autorità giudiziaria, e solo successivamente il partecipante deve firmare un consenso informato per il colloquio senza controllo visivo. Il DAP ribadisce infine che i colloqui senza controllo non sono applicabili ai detenuti al 41 bis e che, in caso di comportamenti irregolari, il beneficio potrà essere sospeso o negato previa valutazione del gruppo di osservazione o dell’équipe multidisciplinare che può addirittura durare sei mesi.

La circolare sottolinea l’esigenza di individuare spazi appositamente destinati ai colloqui, con caratteristiche strutturali adeguate: la presenza di una camera arredata, con un letto e servizi igienici, è considerata indispensabile per garantire una dimensione riservata. Per motivi di sicurezza, l’accesso agli spazi dovrà essere monitorato tramite videosorveglianza delle aree esterne e dei percorsi di accesso, pur assicurando che il colloquio stesso avvenga senza controllo diretto.

La circolare dispone che la biancheria necessaria debba essere portata direttamente dalle persone autorizzate, e che le pulizie e la sanificazione dei locali avvengano al termine di ogni colloquio, con il supporto di detenuti lavoranti, per evitare contaminazioni tra le diverse aree dell’istituto. Invita inoltre a coordinarsi con la Magistratura di Sorveglianza e altri enti competenti per una corretta attuazione della decisione.

Ma non mancano le critiche. Raggiunto da Il Dubbio, il segretario generale della UILPA, Gennarino De Fazio, ha osservato che le linee guida impongono a provveditori, direttori e comandanti numerose responsabilità, soprattutto per quanto riguarda l’allestimento degli ambienti. Ha aggiunto che il trasferimento di detenuti in strutture idonee potrebbe aumentare il carico di lavoro, i costi e i rischi per la sicurezza.

Inoltre, il requisito di utilizzare la biancheria fornita dalle famiglie appare irragionevole e suscettibile di creare problemi nei controlli. «Ferma restando l’imprescindibile necessità di potenziare gli organici della Polizia penitenziaria, di cui invece per il 2026 la legge di bilancio ha previsto la riduzione del turn-over, e delle altre figure professionali, anziché pensare alle celle-container sarebbe stato opportuno e certamente più proficuo pensare a moduli abitativi per consentire i colloqui intimi in condizioni di salubrità e sicurezza», conclude De Fazio.