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L’Associazione napoletana “Il carcere possibile onlus”, nata nel 2003 come “progetto” della Camera Penale di Napoli, ha organizzato ad Aversa un incontro dal titolo: “La parola come riscatto”. Durante l’evento, tenutosi nello studio dell’avvocato Nicola Basile, ospite speciale è stato lo scrittore Erri De Luca che ha dedicato il suo intervento ai temi della associazione. Il tutto è nato da un incontro tra l’avvocato Mara Esposito Gonella, del direttivo dell’Associazione, e Raimondo Di Maio, uno degli ultimi editori e librai napoletani che resistono con ostinazione alla crisi e che è uno storico amico di De Luca.
Come ci racconta l’avvocato Esposito Gonella, che ha moderato il dibattito, «Il “carcere possibile” ha incontrato “Impossibile”, il recente romanzo di Erri De Luca, che narra un dialogo tra un magistrato prigioniero delle sue tesi e un detenuto libero nei suoi ideali e nel suo amore”. Con lo scrittore, dicono al Dubbio gli avvocati Esposito Gonella e Basile, «è emersa una chiara convergenza sulla necessità di rivedere le dinamiche e l’organizzazione delle carceri. Si tratta di dare nuova attuazione al principio sancito dall’articolo 27 della Costituzione, che prevede la finalità rieducativa della pena. Una norma che resterà ferma nella sua astrattezza, se non si provvederà alla riorganizzazione degli istituti di pena. Si rende necessario ripensare gli spazi detentivi, sia in termini logistici che gestionali. Bisogna insistere per introdurre il lavoro nelle carceri e incrementarlo dove già c’è. Lo stesso dicasi per lo studio e la lettura, indicati da De Luca come gli unici strumenti che aprono le sbarre e spalancano il soffitto al detenuto disteso sulla branda». De Luca, infatti, si è soffermato sul ruolo che incarnano le parole, esse sono «lo strumento più forte, addirittura formidabile, di cu disponiamo per affermare chi siamo. Impossibile è solo la definizione di un avvenimento fino al momento prima che accada». La parola diviene dunque momento di liberazione e di riscatto: «Un detenuto riesce ad evadere dalla sua cella – ha proseguito De Luca, che da tempo tiene corsi di scrittura in carcere – solo quando dorme e quando legge. Una persona in prigione, quando si mette un libro davanti agli occhi, cancella le sbarre e le porte blindate, tutta la cella intorno. La lettura in carcere è uno strumento che riesce a sospendere — per un istante — la pena». Da qui l’importanza e la necessità di dotare gli istituti di pena di biblioteche fornite. Erri De Luca infine ha ribadito, come già aveva detto in una intervista proprio a questo giornale, il concetto per cui «alla lunga le carceri saranno abbandonate. Diventeranno dei musei», non una speranza la sua, ma una vera previsione.