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«La priorità è proteggere la Spazzacorrotti, il Reddito e il Superbonus». L’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ne è certo: il governo di centrodestra tenterà di cancellare le tracce del Movimento 5 Stelle. E lo farà, secondo quanto dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano, mandando in soffitta le leggi bandiera del partito di Giuseppe Conte. Prima fra tutti la Spazzacorrotti, approvata quando a Palazzo Chigi sedevano assieme grillini e leghisti e a via Arenula c’era proprio l’avvocato Bonafede. Quel provvedimento, che tanto fece discutere il mondo degli addetti ai lavori portando alla sospensione della prescrizione e all’assimilazione dei reati contro la pubblica amministrazione ai delitti di criminalità mafiosa o terroristica, provocò non pochi imbarazzi nel Carroccio, tanto da essere definito da Giulia Bongiorno, allora ministro per la Pubblica amministrazione, una «bomba atomica sganciata sul processo penale». La riforma, alla fine, passò, grazie agli accordi che hanno consentito alla Lega di portare a casa i provvedimenti promessi in campagna elettorale ai propri elettori. E l’imbarazzo, a distanza di quattro anni dall’approvazione della norma, è ormai passato. La Lega, dunque, una volta rinnegati propri trascorsi con i grillini non nasconde l'intenzione di tornare sui propri passi anche rispetto all’era Cartabia, annunciando la volontà di ripristinare la prescrizione sostanziale abolita dalla norma Bonafede. Una posizione che di certo Giorgia Meloni ha sempre fatto propria: Fratelli d’Italia, in sede di approvazione finale della Spazzacorrotti alla Camera, votò contro, quella volta in compagnia di Pd e Forza Italia (quest'ultima propose anche una pregiudiziale di costituzionalità). «Questo provvedimento - aveva detto in aula la deputata meloniana Carolina Varchi - provocherà dei danni incredibili. La tanto paventata e sbandierata lotta alla corruzione in realtà resterà soltanto uno slogan valido fino alle prossime elezioni europee». Parole precedute da quelle della collega Ylenja Lucaselli, secondo cui «l'idea che viene da questo provvedimento è che bisogna punire tutti, perché in quei tutti prima o poi ritroveremo anche il colpevole e non importa se si è colpevoli veramente o no. Ebbene, questo non è lo Stato di diritto che noi vogliamo e non è lo Stato di diritto che nessun investitore estero vorrebbe». Oggi, invece, sono Alberto Balboni, vicepresidente della commissione Giustizia del Senato, e Andrea Delmastro Delle Vedove, responsabile giustizia di FdI, a ribadire il concetto. «Fin da quando si è ipotizzato di passare dalla prescrizione di Bonafede all’improcedibilità, noi abbiamo sempre sostenuto che il nuovo istituto avrebbe allungato i tempi dei processi - ha dichiarato Balboni -. Il motivo è semplice: nel momento in cui il giudice di primo grado ha a disposizione tutto il tempo consentito prima che il reato si estingua, tende a utilizzarlo per intero. Prima invece, con la prescrizione, lo stesso giudice sapeva bene che se non avesse lasciato un margine sufficiente per i successivi gradi di giudizio, il reato sarebbe inevitabilmente decaduto, e cercava di affrettarsi». E Delmastro Delle Vedove, al Dubbio, aveva ricordato che «i diritti incomprimibili dei cittadini rispetto alla forza dello Stato vanno ripristinati». Insomma, il colpo di spugna è di certo tra i piani di Meloni. Ma non solo. La Lega, in tema di giustizia, punta tutto su «garantismo e certezza della pena», garanzia del diritto di difesa e della terzietà del giudice e limiti all’appello dell’accusa. Le priorità di Forza Italia sono invece separazione delle carriere e divieto di impugnare le assoluzioni, mentre il possibile ministro della Giustizia del governo Meloni, Carlo Nordio, è più preciso sui primi passi da muovere: modificare il reato di abuso di ufficio, abolire la legge Severino, separare le carriere e ripristinare l’immunità parlamentare, tema sul quale si registrano le prime piccole crepe nel centrodestra. Bonafede non ha nascosto i propri timori per la possibilità che sia proprio l’ex procuratore aggiunto di Venezia a prendere quello che fu il suo posto a via Arenula. «Nordio», aveva scritto l’ex ministro pochi giorni fa sul suo profilo Facebook, «ha rilasciato un’intervista che svela plasticamente già adesso le intenzioni del centrodestra e da cui emerge la totale assenza di consapevolezza sulle priorità della giustizia: è il ritorno alla cara vecchia “caciara” che mette in secondo piano i problemi veri. Infatti i problemi, per il centrodestra, non sono la lotta alla criminalità organizzata, alle mafie e alla corruzione; loro si concentrano su separazione delle carriere, depenalizzazioni varie e immunità parlamentare. È totalmente fuori da ogni contatto con la realtà parlare delle priorità della giustizia senza fare riferimento ad investimenti concreti in assunzioni, digitalizzazione ecc.». A buttarla in “caciara”, evidentemente, sono bravi tutti.