«Ringrazio Dio e spero vada tutto bene», diceva Wissem Ben Abdel Latif rivolto alla telecamera del suo cellulare che riprendeva gli occupanti del gommone. Il compagno di viaggio che stava accanto a lui faceva il segno di vittoria. La meta era vicina e sarebbe stata Augusta, nella Sicilia sud-orientale. Con una tuta rossa addosso e il cappellino indossato con la visiera storta. Le immagini, recuperate dalla campagna LascieteCIEntrare che si occupa di diritti dei migranti trasferiti nei
Centri per il rimpatrio, sono di ottobre scorso.
Sulla morte di Abdel la procura ha aperto un'inchiesta
Abdel è morto a 26 anni il 28 novembre scorso, a due mesi dal suo arrivo in Italia. Era stato trasferito nel Cpr di Ponte Galeria, poi ricoverato al San Camillo, al Servizio psichiatrico, dove è rimasto legato al letto per tre giorni. Sulla sua morte la procura ha aperto un'inchiesta.Ed è la campagna LasciateCIEntrare a denunciare l’ennesima morte legata alla detezione amministrativa in Italia. Il giovane tunisino di 26 anni, Abdel Latif, ricordiamo, è morto a Roma in ospedale il 28 novembre, arrivato dal Centro di Permanenza Temporanea di Ponte Galeria. La campagna si è da subito attivata per raccogliere ulteriori informazioni sull’esatta temporalità.
Il ragazzo è stato portato nel reparto di psichiatria del San Camillo il 23 novembre ed è stato legato al letto per 3 giorni. Quindi sarebbe morto per “arresto cardiaco”. «Abdel - scrive la campagna per la chiusura dei Cpr - era giunto in Italia a settembre e dopo un periodo di quarantena sulla nave della compagnia Gnv, come oramai da prassi per chi proviene dalla Tunisia, non era riuscito a manifestare la volontà di richiedere protezione internazionale. Invece che essere accolto, era stato inviato in direttissima al Cpr di Ponte Galeria».
LasciateCIEntrare si chiede come è possibile un altro ragazzo trattenuto presso un Cpr italiano sia morto?
Majdi Kerbai, deputato tunisino e attivista, in contatto con Yasmine Accardo di LasciateCIEntrare, è stato avvisato dalla madre del ragazzo:
«Ho solo le urla della madre al telefono», ha detto all’attivista. LasciateCIEntrare si domanda chi risponderà al grido disperato della donna e spiegherà cosa è realmente successo all’interno del Cpr. «Come è possibile che in meno di 3 mesi dall’arrivo sulle nostre coste un altro ragazzo trattenuto presso un centro italiano sia morto?».
La sua domanda di protezione internazionale non era stata accettata
Ma per fare luce su tutta questa vicenda occorre andare anche a prima del trattenimento. «Chi sono i funzionari che non hanno accettato la sua domanda di protezione internazionale?
Perché si continua a non dare accoglienza? A non voler ascoltare le voci di chi è ingiustamente recluso nei Cpr, a non voler vedere quello che accade nei Cpr, a quanto viene denunciato dal Garante, dalle associazioni?», sottolinea la rete di attivisti. «Abdel Latif era solo un numero dentro le carte degli accordi tra Italia e Tunisia e dentro i cassetti ammuffiti e maleodoranti dell’Unione Europea. Abdel Latif aveva solo 26 anni. Abdel Latif ha trovato solo detenzione in un Paese che ormai non lascia speranza a nessuno. Un Paese che continua a uccidere perché se non si muore di frontiera e di naufragi in mare, si muore di Cpr. Tutto questo non è solo inaccettabile, è l’orrore ormai normalizzato contro cui continuiamo a combattere.
Chiediamo verità e giustizia e la chiusura di tutti i Cpr», conclude la campagna ricordando la lunga striscia di morti che la detenzione amministrativa e i governi che la continuano a sostenere hanno sulla coscienza.
Stefano Anastasìa e Alessandro Capriccioli chiedono che venga fatta piena luce sulla vicenda
A ricostruire la vicenda sono stati anche il Garante dei Detenuti del Lazio Stefano Anastasìa e il consigliere regionale di +Europa Alessandro Capriccioli. Sabato scorso
si sono recati al Cpr di Ponte Galeria e hanno visionato la documentazione medica, ed è stato così possibile ricostruire gli ultimi giorni di vita del 26enne e il suo percorso tra strutture detentive e sanitarie. «Su questa vicenda, evidentemente, deve essere fatta piena luce, obiettivo per il quale per primo continuerò a impegnarmi», ha dichiarato Capriccioli in una nota.