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Attimi di tensione ieri. nel carcere campano di Santa Maria Capua Vetere. Qualcuno è salito sul tetto, urlando contro, a detta loro, gli abusi da parte delle autorità. Perquisizione, blocco delle entrate, disagi vari. No, non parliamo dei detenuti. Questa volta a creare tensione sono gli agenti penitenziari stessi che hanno subito delle perquisizioni da parte dei carabinieri. Alcuni agenti hanno raccontato di essere stati bloccati nelle auto prima dell’ingresso e di essere stati identificati “senza rispetto per il ruolo”. Il motivo? La procura di Santa Maria Capua Vetere ha iscritto nel registro degli indagati 44 agenti penitenziari in servizio nel carcere sammaritano in una inchiesta avviata dopo presunte violenze all’interno dell’istituto in seguito a una rivolta.
Ma cosa sarebbe accaduto? La ricostruzione degli eventi è stata recentemente riportata dall’avvocato di Antigone Simona Filippi nell’ultima relazione. Il 5 aprile, a seguito del diffondersi della notizia che tra i detenuti del reparto “Nilo” ci fosse un caso positivo al “Covid 19” ( l'addetto alla spesa, il così detto “spesino”), alcuni detenuti hanno iniziato una protesta. In particolare, i detenuti del III piano del Reparto “Nilo” hanno occupato la sezione, bloccando il cancello con le brande e barricandosi dentro. Dalle segnalazioni pervenute non è stato possibile approfondire con quali modalità i detenuti abbiano realizzato la protesta ma è invece emerso, quale dato certo, che nel corso della stessa serata del 5 aprile, anche grazie all’intervento del direttore e del Garante regionale Samuele Ciambriello, la protesta è rientrata. La mattina seguente – il 6 aprile – anche il Magistrato di sorveglianza si recava presso l’istituto per un confronto pacifico con i detenuti. La protesta era oramai rientrata già dalla sera precedente. Sempre nella giornata del 6 aprile, ma intorno alle ore 15, agenti di polizia in tenuta antisommossa, con il volto coperto da caschi e i guanti alle mani, avrebbero posto in essere una seria e articolata azione di violenza contro molti detenuti. Secondo la ricostruzione, alcuni agenti sarebbero entrati nelle celle e, cogliendo i detenuti di sorpresa, li avrebbero violentemente insultati e picchiati con schiaffi, pugni, calci e a colpi di manganello. I detenuti sarebbero poi stati trascinati fuori dalle celle, nel corridoio, dove sarebbero stati ancora pestati e, per sfuggire ai colpi, costretti a correre, passando dalle scale, fino all'area di “passeggio”. Chi cadeva a terra durante la corsa pare abbia subito ulteriori violenze. Altri agenti, invece, avrebbero invitato i detenuti ad uscire dalle loro celle per effettuare la perquisizione e, dopo aver fatto levare loro gli indumenti, li avrebbero percossi violentemente con calci, pugni e con colpi di manganello. Dopo il pestaggio, diversi detenuti sarebbero stati costretti a radersi barba e capelli. Alcuni detenuti picchiati sarebbero poi stati posti in isolamento, altri sarebbero stati trasferiti in altri istituti. Dalla ricostruzione dei fatti emerge che le violenze sarebbero avvenute in un momento temporalmente distante da quello delle proteste.
Il garante locale di Napoli Pietro Ioia aveva raccolto la testimonianza di un detenuto che ha vissuto in prima persona il presunto pestaggio e che era poi andato in detenzione domiciliare.
Il Dubbio l’aveva sentito e riportato la testimonianza sulle pagine del giornale. Le immagini delle telecamere della videosorveglianza sono state già acquisite, probabilmente qualcosa dovrebbe essere emerso se la procura ha inviato gli avvisi di garanzia a ben 44 agenti. Ma cosa sia accaduto veramente solo la giustizia potrà stabilirlo.