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Dalla chiusura dei manicomi, avvenuta gradualmente dal 1978 con la legge Basaglia, in Italia ancora deve realizzarsi a pieno l'inclusione sociale dei malati psichiatrici. A volte funziona, a volte no, dipende dalle strutture sociali e dalla volontà dei Comuni. Ma a Perugia ciò è diventato realtà grazie al progetto dell'Associazione RealMente, sostenuto ovviamente dal centro diurno psichiatrico, in collaborazione con la Fondazione La Città del Sole – Onlus, che ha l'ambizione di scatenare un autentico senso d’appartenenza anche per chi è stato messo a margine. Da un anno è in attività “Numero Zero” il primo ristorante inclusivo dell’Umbria e all’avanguardia a livello nazionale. Un modello senza dubbio da esportare.
Si tratta di un ristorante diverso. Accanto a sei professionisti della ristorazione, al momento lavorano otto persone con problemi psichiatrici. C’è chi si occupa della sala, quindi dell’accoglienza dei clienti. Chi si occupa del bar e chi lavora in cucina. Uno staff sui generis, ma che ha trovato una grande risposta da parte dei cittadini. Originariamente lo stabile ospitava il trecentesco Ospedale di San Giacomo, di proprietà del Nobile Collegio del Cambio, di cui è visibile lo stemma in facciata. Lo spazio, preso in locazione dalla Fondazione La Città del Sole, è di mq 250, a cui vanno ad aggiungersi mq 150 di giardino interno. “Numero Zero” vuole essere prima di tutto un luogo in cui promuovere una cultura della diversità intesa come patrimonio di inestimabile ricchezza; un luogo di incontro, socialità e cultura, dove si fa musica, cinema, teatro e letteratura; dove, inoltre, e non per ultimo, si può mangiare bene, dall'aperitivo alla cena, o semplicemente bere qualcosa in compagnia.
Un ristorante che è in continua evoluzione. Per questo motivo l’associazione RealMente ha lanciato da poco un crowdfunding per potenziare le sue attività e assumere altre cinque persone che attualmente stanno svolgendo un tirocinio. Ma non sarà ripetibile, per cui l’associazione sta cercando le risorse necessarie a permettere anche a loro di continuare un’esperienza fondamentale per la loro vita. Ma non è l’unico progetto in corso. C’è la “Stazione Panzana. La radio a scartamento ridotto” che fa parte della rete nazionale delle Radio della Salute Mentale. Il progetto affianca laboratori radiofonici per pazienti psichiatrici alla realizzazione di programmi trasmessi in podcast tramite la piattaforma della radio degli studenti dell’Università degli Studi di Perugia. Lanciata nel 2018 dagli studi di registrazione di “Numero Zero”, “Stazione Panzana” ha sino ad oggi coinvolto 10 pazienti psichiatrici affiancati da 6 professionisti della comunicazione e tecnici, realizzando 2 programmi, “Onda Brigante” e “Macaco. Voci dalla giungla urbana”. Accanto alla radio è poi partita la realizzazione di video- interviste a importanti personaggi intervenuti in importanti manifestazioni come il Festival Internazionale del Giornalismo, Fa’ la cosa giusta!, Umbria Jazz.
Altro progetto all’avanguardia è il Programma di Ricerca- Intervento Salute Mentale e Autonomie (Prisma). interviene sin dal 1998 su pazienti psichiatrici gravi e medio- gravi costruendo progetti di vita personalizzati che ruotano attorno “all’abitare a casa propria”, fondamentale determinante sociale di salute e benessere e presupposto per lo sviluppo e la realizzazione di sé. Ognuno degli attuali 10 utenti vive in un “proprio” appartamento preso in affitto assieme a coinquilini “non problematici” portatori di un bisogno abitativo, a cui viene concesso l’utilizzo gratuito dell’alloggio in cambio della convivenza con l’utente. Vi partecipano molti studenti universitari in cerca di un’esperienza formativa e un alloggio gratuito, ma anche giovani lavoratori precari o persone interessate a condividere il progetto.
Pe ora hanno superato le 1000 euro, per questo vale la pena aiutarli. “Si può fare”, come recita il titolo di un film del 2008 dove c’è l’attore comico Claudio Bisio che fa la parte di un sindacalista degli anni 80. Contro il parere degli psichiatri si batte affinché i ragazzi imparino un mestiere e siano in grado di mantenersi. Siamo nel 2020 e ancora c’è tanta strada da fare.