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Il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini, sentito la scorsa settimana in commissione Antimafia presieduta da Nicola Morra e volta ad approfondire i profili applicativi del 41 bis, ha spiegato che solo il carcere di Sassari, il Bancali, ha la struttura idonea per ospitare i reclusi al cosiddetto carcere duro. «Le strutture penitenziarie per il regime al 41 bis – ha spiegato Basentini dovrebbero avere una forma e un tipo di ripartizione logistica idonea: si potrebbe immaginare che i detenuti siano in celle tutte sulla medesima fila con di fronte solo il muro».
Il capo del Dap ha sottolineato che «in Italia ci sono 13 istituti penitenziari che hanno il 41 bis ma sono tutti adattati successivamente: l’unico che nasce con una vocazione mirata è Sassari. Gli altri come l’Aquila, dove c’è il maggior numero di detenuti al 41 bis, nascono come carceri di altro circuito, con file una di fronte all’altra: il detenuto al 41 bis si trova di fronte un altro detenuto al 41 bis e quindi qualunque forma di comunicazione è possibile tra le due celle. Poi ci anche sono i momenti di socialità, di cui i detenuti hanno diritto anche se si fa una selezione dei gruppi di socialità e poi tutto è osservato».
Il problema dell’organizzazione degli spazi detentivi esiste. La comunicazione tra detenuti dello stesso gruppo criminale è teoricamente possibile. Infatti, lo stesso Garante nazionale delle persone private della libertà, nel suo rapporto tematico proprio sul 41 bis, ha rivelato l’inadeguatezza dei reparti “lineari”, in cui le celle affacciano in maniera speculare sui due lati del corridoio, rispetto a quelli “modulari” a gruppi di quattro stanze. L’organizzazione lineare dello spazio, quindi, non appare conforme alla finalità dell’interruzione della comunicazione all’interno, anche in considerazione del fatto che celle appartenenti a diversi gruppi di socialità di quattro sono adiacenti. Il Garante ha inoltre osservato che negli ultimi tempi «i gruppi di socialità in alcuni Istituti sono composti da tre persone e non da quattro per ragioni di incompatibilità territoriale o di appartenenza criminale».
L’autorità del Garante ha riscontrato situazioni in cui detenuti appartenenti a gruppi di socialità diversi avevano le celle una di fronte all’altra. È il caso non solo della Casa circondariale de L’Aquila, ma anche Novara, Tolmezzo e Cuneo.
Quindi la soluzione per ovviare al problema è proprio la realizzazione di sezioni “modulari” ( che però non vuol dire avere di fronte un muro) tipo quelle di Sassari. Solamente che l’esempio specifico di quel carcere sardo non contempla le gravissime problematiche e criticità esistenti in quel luogo. Basta leggere il rapporto del Garante relativo proprio al carcere Bancali di Sassari: le sezioni del 41 bis sono state realizzate in un’area ricavata, scavando, al di sotto del livello di quota dell’Istituto e degli altri manufatti che lo compongono complessivamente.
Le cinque sezioni scendono gradatamente, con una diminuzione progressiva dell’accesso dell’aria e della luce naturale, che filtrano solo attraverso piccole finestre poste in alto sulla parete, corrispondenti all’esterno al livello di base del muro di cinta del complesso. Per tale motivo, sia le persone detenute nelle proprie stanze che il personale nei propri locali devono tenere continuamente la luce elettrica accesa per sopperire alla carenza di quella naturale.
Inoltre, è stato riferito alla delegazione del Garante nazionale che spesso durante le piogge intense quest’ultima parte del reparto si allaga con evidenti disagi per tutti. Il Garante nazionale ritiene che tale progettazione non trovi giustificazione nella finalità specifica del regime del 41 bis e rischi di generare una ricaduta negativa sulle condizioni psicofisiche del personale che vi lavora e delle persone ivi ristrette.