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«Cambiate avvocato o il giudice potrebbe portarvi via vostro figlio». È una minaccia in piena regola quella denunciata dal legale Francesco Miraglia e pronunciata da un educatore dei servizi sociali di un paese in provincia di Bari a una madre, colpevole di essersi affidata, assieme al marito, a un avvocato eccessivamente puntiglioso, sgradito per aver messo in discussione il lavoro degli operatori. Una storia quasi incredibile se non fosse che quelle frasi, pronunciate sull’uscio di casa, sono state ripetute anche via sms e registrate su un nastro, per poi finire in un esposto consegnato dall’avvocato al giudice che segue il caso del piccolo. A provocare le ire dell’educatore il comportamento di Miraglia, che, spiega al Dubbio, ha “osato” correggere una relazione depositata in udienza e contenente un particolare non veritiero. Un documento, secondo il legale, potenzialmente dannoso, potendo influenzare negativamente il giudizio del Tri- bunale e, quindi, compromettere il rientro del bambino in famiglia.
«Si tratta di una madre che ha avuto qualche problema di salute mentale a seguito di un grave lutto - spiega Miraglia -. I servizi sociali sono intervenuti dopo la nascita del bambino a causa di alcuni problemi di coppia. Nulla di particolarmente grave: non si tratta di una storia di violenza o di droga ma di un rapporto conflittuale che secondo i servizi comprometteva la serenità del bambino». La donna è stata per un periodo, assieme al figlio, in comunità, un’esperienza che, però, ha vissuto con fatica. Il bambino invece è rimasto nella struttura protetta sotto la tutela dei servizi sociali, mantenendo però un legame molto forte con la madre. Un rapporto che si è deciso di salvaguardare, data anche la collaborazione da parte della donna, seguita regolarmente da uno psichiatra. «I problemi sono sorti leggendo le relazioni dei servizi sociali, che abbiamo sempre contestato perché gonfiate, dipingendo una situazione più grave di quella reale - racconta il legale -. Dopo un periodo di prova, durante il quale il bambino veniva riaccompagnato periodicamente a casa, senza però concretizzare mai il rientro, a ottobre scorso c’è stata un’udienza davanti al giudice che segue il caso della famiglia, al quale gli operatori dei servizi sociali hanno detto di non fidarsi ancora della coppia. Non capiamo bene per quale motivo: il rapporto tra madre e figlio è molto forte e se proprio si vuole prevenire qualche tipo di problema allora si potrebbe affiancare un educatore alla famiglia». Durante l’udienza il legale ha contestato un particolare contenuto nella relazione presentata dai servizi sociali, secondo i quali i genitori non sarebbero in grado di pendersi cura del piccolo, data anche l’assenza di una balaustra a protezione del terrazzo di casa. Un dettaglio assolutamente non veritiero, sottolinea l’avvocato, come dimostrato documentalmente dalla stessa coppia. «Questa inesattezza potrebbe indurre il giudice a credere che effettivamente questi genitori non siano idonei ad occuparsi del figlio - spiega -. Abbiamo prodotto le foto del balcone, pretendendo una rettifica della relazione». Rettifica che, in effetti, è poi arrivata, ma che sarebbe ininfluente, secondo chi ha stilato quella relazione. «Per i servizi sociali evidenzia Miraglia -, tale inesattezza non avrebbe alterato il contenuto dell’atto. Per noi, invece è gravissimo, perché insinua il dubbio che la casa possa non essere sicura e che l’atteggiamento dei genitori non sia idoneo». La rettifica non è però bastata a Miraglia, che ha chiesto al Tribunale di non tenere conto della relazione, riservandosi ulteriori azioni a tutela della famiglia e mettendo in dubbio tutti gli atti precedentemente redatti dai servizi sociali, ai quali ha chiesto di non occuparsi più del caso. Giovedì, però, sarebbero arrivate le «minacce» : nel momento in cui l’educatore ha riaccompagnato a casa il bambino avrebbe “consigliato” ai genitori di cambiare avvocato. «Noi siamo un servizio pubblico e guai a chi si mette contro di noi. Così state facendo in modo che io decida di lasciare che il bambino resti in comunità, perché il giudice fa quello che diciamo noi», avrebbe detto l’operatore alla madre, secondo quanto riportato nell’esposto. «Le ha detto che non conveniva affidarsi a me, che qualsiasi azione legale avrebbero dovuto pagarla loro e che comunque il giudice avrebbe dato ascolto ai servizi sociali. Così ha consigliato loro di prendere un avvocato del posto che potesse provvedere a denunciarmi», racconta Miraglia. Parole confermate dagli sms scambiati successivamente tra la donna e l’educatore e ribadite il giorno successivo faccia a faccia. Un dialogo che la donna ha registrato. Miraglia ha così chiesto al giudice di convocare i servizi e mandare gli atti alla Procura per valutare il comportamento degli educatori. «Perché oltre a costituire una vera e propria minaccia, quelle parole lascerebbero intendere che giudici, avvocati e assistenti sociali operino di comune accordo, in una sorta di “collusione” non sempre a favore del benessere dei bambini allontanati da casa, si potrebbe pure pensare. Sarebbe lo scandalo del secolo - conclude -. Sarebbe gravissimo che la vita di un bambino e di un’intera famiglia possa essere decisa attraverso un “ricatto” di un educatore e non dall’autorità giudiziaria competente» .