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Se ne va sbattendo la porta, Carlo Calenda. Non dal seggio di parlamentare europeo conquistato con il Pd in maggio, ma dalla direzione dem, probabilmente per formare una nuova forza politica. Il mezzo scelto per formalizzare le dimissioni è una lettera aperta, pubblicata online: «Lascio una dirigenza di cui non mi sento parte. Governo nato dal trasformismo, nulla abbiamo in comune con Grillo, Casaleggio e Di Maio.
Ora accettiamo anche una piattaforma digitale privata che abbiamo sempre giustamente considerato eversiva e antidemocratica». La ragione, espressa fin da subito agli inizia della trattativa e ribadita ieri, è proprio il tentativo ormai andato quasi in porto di un’alleanza del Pd con i 5 Stelle. La lettera è l’occasione per sottolineare che «E’ una decisione difficile e sofferta.
Nell’ultimo anno e mezzo ho sentito profondamente l’appartenenza a un partito che, per quanto diviso e disorganizzato, consideravo l’ultimo baluardo del riformismo in Italia. Per questo mi sono iscritto al Pd all’indomani della sconfitta più pesante mai subita dal centrosinistra». «Ho chiarito che non sarei rimasto nel partito in caso di un accordo con il M5S. La ragione è semplice: penso che in democrazia mai fare accordi con chi ha valori opposti.
Questo è il caso del M5S. Le ragioni le abbiamo spiegate ai nostri elettori talmente tante volte che non vale la pena ripeterle qui». Un dissenso totale, quello di Calenda, e mai nascosto anche se solo oggi formalizzato. E chiude con una domanda che è anche un monito per Nicola Zingaretti: «Chi governa viene punito anche se governa bene, lo sappiamo per esperienza recente. Come potete sperare che un esecutivo con i 5S non produrrà un’ulteriore perdita di consenso?». Replica di Zingaretti: «Ho e abbiamo bisogno di te, perchè solo uniti potremo cambiare il destino di un Paese».