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Sono almeno 57 i detenuti rimasti uccisi nel corso di una rivolta nel carcere di Altamira in Brasile. Il penitenziario che si trova nello stato settentrionale del Parà è stato teatro di violenze raccapriccianti compiute durante gli scontri tra due organizzazioni criminali rivali.
E’ stata la sovraintendenza dei servizi penitenziari dello stato ( Susipe) a rendere nota la dinamica degli eventi. Intorno le 7 di mattina ( le 12 in Italia) di lunedì, un gruppo di detenuti ha preso d’assalto l’ala del carcere dove erano reclusi i membri della gang nemica. Dopo aver bloccato gli accessi è stato appiccato il fuoco ad una cella provocando un inferno di fuoco e fumo che ha soffocato numerosi prigionieri.
Ma l’orrore è andato anche oltre, le stesse autorità del carcere infatti hanno dovuto registrare l’uccisione di 16 detenuti che sono stati decapitati. Una vera e propria strage che ha risparmiato incredibilmente due agenti che sono stati inizialmente presi in ostaggio e poi liberati. Dopo più di 5 ore la rivolta si è placata.
Si tratta del più grave atto di violenza in una prigione brasiliana dopo quelli verificatisi, nel maggio scorso, in quattro differenti penitenziari, a Manaus, stato di Amazonas. In quel caso furono 55 i reclusi rimasti uccisi. Le atrocità di Altamira ricordano molto da vicino quello che accadde due anni fa a Roraima: 33 morti, decapitazioni e corpi smembrati.
Anche i protagonisti sono gli stessi. Si tratta infatti di un nuovo capitolo della guerra scoppiata nel 2016 tra due grossi cartelli della droga: il First Capital Command ( PCC), al quale sono affiliate almeno una dozzina di bande ( compreso il Comando Classe A presente ad Altamira), e il Comando Vermelho. Le due organizzazioni, una di San Paulo e l’altra di Rio de Janeiro, in realtà collaboravano nelle attività criminali fino quando il PCC tentò di impadronirsi del commercio di stupefacenti dei loro ex soci.
Ma esistono anche altre ragioni che contribuiscono ad un tale livello di violenza. Il giorno dello scontro mortale il Consiglio Nazionale di Giustizia ha pubblicato un rapporto nel quale le condizioni nel carcere di Altamira sono descritte come «terribili». Il penitenziario, vecchio e fatiscente, ospitava almeno 343 detenuti anche se la sua capacità effettiva era di 163 persone. Inoltre per una tale popolazione carceraria c’erano solo 33 agenti di custodia. Secondo le notizie provenienti dal ministero della Giustizia, quelli che sono stati individuati come i capi della rivolta sarebbero stati trasferiti in altre carceri federali. Ma di molti detenuti non si conosce la sorte, le autorità infatti hanno affermato che a causa dell’incendio diverse celle non sono ancora raggiungibili e sono tanti i parenti dei prigionieri che sostano al di fuori del penitenziario per avere notizie.
Le testimonianze e i racconti drammatici sono stati raccolti dal quotidiano O Globo. «Vogliamo solo sapere se i nostri parenti sono vivi - ha detto una madre di un prigioniero -. Le autorità carcerarie sono disumane e non dicono chi sono i morti». E un altro: «È molto triste non avere notizie del proprio figlio. Non sono preparato per ciò che potrebbe accadere».