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VINCENZO SINISCALCHI PRESIDENTE GIUNTA AUTORIZZAZIONI DELLA CAMERA
Esiste ancora una scuola napoletana dei penalisti? Esiste, sì: nonostante un’irresistibile e sovrastante mitologia tenda sempre a celebrare i “grandi maestri” come non più eguagliabili, la cultura partenopea dell’avvocatura penale si rinnova. E si alimenta di una vocazione profondissima a comprendere gli esseri umani.
La tutela dei diritti, la difesa di chi sia accusato anche dei più odiosi crimini sono tuttora sorrette, nel Foro napoletano, da un umanesimo straordinario: a ricordarcelo è Domenico Ciruzzi, tra i più autentici eredi di questa tradizione, che torna a scriverne in un recente e piacevolissimo pamphlet dedicato, come recita il titolo, a “Vincenzo Siniscalchi: da Maradona a Fellini, storia di un penalista e intellettuale che ha fatto scuola” (Armando De Nigris Editore).
Un omaggio imperdibile in cui l’autore parte dalla propria personale passione per la cultura, e per il teatro in particolare (oltre a essere editorialista di Repubblica, Ciruzzi è stato a lungo presidente della Fondazione Premio Napoli), come chiave per interpretare la norma, comprenderne la “valenza sociale”: è grazie a questo armamentario intellettuale che l’ex vicepresidente dell’Unione Camere penali riesce a raccontare Siniscalchi, il “Maestro”, l’avvocato, il deputato e poi consigliere Csm capace di insegnare ai penalisti napoletani come “leggere la contemporaneità e comprendere a fondo le ragioni degli altri, gli accadimenti terribili che possono travolgere gli uomini”.
La “eclettica cultura umanistica” di Siniscalchi è stata sempre, scrive Ciruzzi, “attenzione autentica verso gli altri”. Anche Siniscalchi aveva grande passione per il teatro, e altrettanta e forse ancora più intensa ne ha avuta per il cinema, che ha cercato di promuovere con il “mitico Cine-Club di via Orazio, uno dei primi e dei più interessanti d’Italia”.
Difese Ciriaco De Mita e i militanti di Prima linea, Diego Armando Maradona come i malavitosi della guerra fra la “Nco” e la Nuova famiglia. Siniscalchi coltivò una concezione democratica e “politica” della giustizia, ricorda Ciruzzi: da deputato dei Ds (in carica per tre legislature, dal ’ 94 al 2006) ha promosso, tra l’altro, le norme per la gratuità dei giudizi in materia di lavoro.
È stato un grande intellettuale di sinistra, capace di esprimere al meglio l’anima progressista della Napoli borghese: aperta, mai ripiegata o elitaria. Ciruzzi descrive questo carattere alla perfezione, così come incornicia l’intuizione “ante litteram” ammirata in Siniscalchi del “rapporto tra processo penale e informazione”, delle “profonde distorsioni che l’eco mediatica è destinata a produrre nelle indagini giudiziarie”. Sono passati oltre vent’anni, e quell’insegnamento risuona in tutta la sua profetica inquietudine.