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Nel suo intervento al congresso di Catania, Sergio Paparo ha dato una lettura politica molto ampia della richiesta di riconoscere in Costituzione il ruolo dell’avvocato. Anche con riferimenti a quanto detto venerdì mattina da altri presidenti di Ordine come quelli di Alessandria e di Trento, il vertice dell’avvocatura fiorentina, appena rieletto nell’Ocf, ha spiegato come affermare l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocato sia «il presupposto per affrontare concretamente anche il dramma della condizione economica in cui si trovano tanti colleghi».
Riconoscimento in Costituzione e sostegno agli avvocati in difficoltà non sono prospettive distinte, quindi.
Tutt’altro. Il primo obiettivo è, come detto, il presupposto per cogliere il secondo. Mi riferisco anche agli effetti che l’avvocato in Costituzione può produrre sul piano della riserva da attribuire, a chi è iscritto a un Ordine professionale, per l’assistenza e consulenza nella propria materia. Vale non solo per noi avvocati. Una simile richiesta alla politica era già formulata in una mozione approvata nel 2003, della quale fui materiale estensore, a un precedente Congresso forense, celebrato a Palermo. Riconoscimento del ruolo vuol dire anche attribuzione esclusiva agli avvocati dell’assistenza svolta nelle sedi stragiudiziali: e se si arriva a questo, 250mila avvocati sono pure pochi. Il lavoro crescerebbe in modo straordinario, visto peraltro l’enorme spettro di diritti di cui ogni persona oggi si trova ad essere almeno formalmente destinataria. D’altra parte, Cassa forense può anche fare un welfare un po’ più attivo, ma non può dare lavoro agli avvocati.
Oggi i diritti sono materia alla mercè del mercato?
Non sono riservati a chi vi ha dedicato una vita di studio. Vai sui canali di consulenza via internet e non sai se dall’altra parte c’è uno studente di liceo o un operatore di call center. È una degenerazione: la corretta informazione sui diritti non può certo essere assicurata così.
Con la rivendicazione del principio di competenza l’avvocato si fa paladino di tutto il ceto medio?
È così e si tratta di un potenziale emerso grazie alla meritoria attività politica condotta dal Cnf in questi anni: dall’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 al G7 dell’avvocatura, fino alla scelta di individuare un’alternativa al Comitato unitario delle professioni in un’associazione ristretta con notai e commercialisti. Si è paladini del ceto medio anche attraverso un confronto con la politica basato sul dialogo e non sull’aggressività, e attraverso il contrasto al linguaggio d’odio. Ne abbiamo dato dimostrazione anche nel Congresso appena concluso, che non ha avuto nulla dei momenti di bagarre visti in assise precedenti.
A proposito di rapporto con la politica: il voto per acclamazione sul ruolo dell’avvocato è servito a rappresentare a Bonafede la compattezza dell’avvocatura sulla richiesta?
È stata una mossa geniale. Se avessimo consegnato al guardasigilli il freddo resoconto di una votazione non sarebbe stata la stessa cosa. Nel momento in cui il Congresso scatta in piedi e applaude sull’avvocato in Costituzione, si consegna al ministro un messaggio chiarissimo. Non credo fosse importante il dettaglio relativo alla formula della mozione. Non è che se la politica propone di inserire l’avvocato all’articolo 24 anziché al 111 noi ci mettiamo a fare gli schizzinosi. Conta che Bonafede sia salito sul palco e abbia così accolto chiaramente il mandato. Ora l’importante è che tenga fede all’impegno, sul ruolo costituzionale dell’avvocato e su tutti i risvolti conseguenti. Dalla monocommittenza alla natura di Ordini e società professionali. Rispetto alla prima questione, se si afferma la nostra autonomia non può che discenderne un argine a ogni ipotesi di disciplina sull’avvocato monocommittente che comprometta il principio della natura libera della professione. Così come per gli Ordini verrebbe allontanata la pretesa di considerarli associazioni di imprese, e anche nelle società sarebbe assicurata l’autonomia e libertà dell’avvocato. Quel valore che chiediamo di affermare in Costituzione sovrintende anche agli altri temi del Congresso. E perciò resto convinto che il sì per acclamazione pronunciato giovedì mattina resti il momento più alto delle nostre giornate di Catania.